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In questi ultimi giorni era a casa insieme alla famiglia che le aveva approntato una stanza con tutte le cure del caso, poi ieri mattina si è aggravata “Diceva di essere stanca”, racconta il figlio Fabio ed è stata portata all’ospedale dove è morta poche ore dopo l’arrivo. La famiglia ha fatto sapere che i funerali si svolgeranno giovedì 18 agosto alle 15.30 alla chiesa di San Giorgio a Maccarese. La nostra redazione per salutarla pubblica per intero l’intervista, della quale era orgogliosa, uscita su Qui Fregene nell’agosto del 2008 che ripercorre tutta la sua vita. Addio Silvana! 

“L’ho incontrata un giorno al mercato. L’intenzione era quella di salutarla ma in un attimo intorno a lei già si era formato un capannello di persone: tanti avevano avuto la mia stessa idea. “Ciao bello! Come stai? Come va?” E via con una serie di abbracci e baci. Un aneddoto che la dice lunga su quanta stima e affetto si è conquistata sul lavoro ma anche per il suo modo di fare schietto, diretto – se c’è da mandarti a quel paese, o altrove, lei certo non ci pensa due volte – che tutti però accettano di buon grado perché fa parte del suo carattere spontaneo e dirompente. “È vero, qui conosco tutti e tanti mi vogliono bene – conferma lei – mi è successo pure a Roma di essere riconosciuta e salutata come la signora della pizzeria!”. E non c’è da meravigliasi, perché nei 15 anni della pizzeria tavola calda “Da Silvana” in via Bonaria sono passati veramente tutti: “Ci siamo ammazzati di lavoro, quasi a rischio della salute, ma quante soddisfazioni, per me rimane il periodo più bello”. Prima e dopo, sempre e soltanto il lavoro e la famiglia. “Sono nata il 28 novembre del ’45 a Maccarese, i miei erano arrivati nel ‘40 da Iesolo, avevano della terra a mezzadria su viale di Porto, io sono la sesta di sette figli”. La mamma, che perde giovanissima, lavorava allo stabilimento Pascali: “mi ricordo che andavo lì a sentire il juke box e vedere la gente a ballare, al mare andavamo con il carretto a cavallo. Ti dirò, era anche un modo di lavarsi visto che in casa non avevamo bagno né acqua corrente, c’era solo una fontanile dove prendere l’acqua”. Ma di svago per lei c’è ne sempre stato poco: a 11 anni, è già nei campi ad aiutare il padre: “preparavo i campi con l’aratro attaccato ad una cavalla, il lavoro non mi ha mai spaventato, la fatica fisica ancora di meno, mi caricavo in spalla quintali di roba”. Per passatempo, tanto per non rimanere con le mani in mano, a 13 anni la domenica inizia ad aiutare alla “Trattoria del Sorriso”, il suo primo lavoro in cucina, ed a 15 alla Trattoria della Pineta in via Forte dei Marmi, dove impara preparare le pizze alla pala nel forno a legna. L’1 agosto del ’64 le nozze con Bruno Nosari e la nascita del primo figlio, Fabio, seguita, nel ’67, da quella del secondogenito, Gianluca. Bruno, dipendente della Maccarese, nel ’68 ha un bruttissimo incidente stradale: “Ho rischiato di rimanere vedova a 23 anni e con due figli piccoli, per fortuna Bruno si è salvato quasi per miracolo ma la sua riabilitazione durò anni, dovetti curarlo come una creatura”. Intanto Silvana passa anche lei a lavorare per la Maccarese come bracciante agricola “ero specializzata nella potatura delle vigne e degli alberi da frutto, ma facevo anche la raccolta di tutto quello che allora si produceva”. La Maccarese però entra in crisi e decide di snellire il personale e lei nel ‘78 si fa liquidare passando subito a lavorare come cuoca al Riviera dove rimane fino all’83 “Ci ho fatto 5 stagioni e sono stata benissimo, con loro ho avuto un rapporto fraterno. In quell’inverno, però, Giuliano Fidelibus, detto “Pastasciutta”, decide di dare in gestione la pizzeria, pasta all’uovo di via Bonaria. L’impegno era grande ma ho voluto rischiare e così, dal 1 gennaio dell’84 è nata “Da Silvana”. Con lei, i figli, con Gianluca ad imparare tra i fornelli, e Ornella, per Silvana più che un’amica una persona di famiglia. “Dovemmo ricomprare subito una cucina più grande per le richieste, nel giro di due anni fui in grado di comprare le mura. Ripeto, è stato un lavoro durissimo, bestiale, ma anche con tante soddisfazioni. Ricordo che, prima dell’apertura al pomeriggio, dalla serranda abbassata a metà si vedevano solo un mare gambe, erano già tutti lì per la pizza”. E poi la celebre tavola calda, anche qui sempre un’altra fila per ritirare le ordinazioni. “Ogni giorno era il “Silvana e Ornella show”, ci capivamo con uno sguardo, bastava vedere il tipo di cliente e “questo tocca a te”, ci dicevamo”. Il tutto condito dalla sua proverbiale risposta pronta. “Silvana questo supplì è piccolo”, “compratene due allora!”, “Silvana quello è passato avanti”, “bravo fesso, che la fila te la devo guardare io?” e così via. Nel ’99, arriva l’opportunità di rilevare lo stabilimento Saint Tropez: “più che per me è stato giusto farlo per i miei figli. Con loro sono stata fortunata e ne sono orgogliosa, hanno sempre lavorato seriamente maturando professionalità ed esperienza, Fabio nell’accoglienza e nell’andamento della sala, Gianluca in cucina. Io certo, quando serve non manco mai”.  Anche questa per la famiglia Nosari è stata una scommessa difficile e rischiosa ma i risultati stanno ripagando gli sforzi: lo stabilimento, completamente trasformato negli anni, ha conquistato una clientela affezionata, il ristorante “Nosari” è uno dei più affermati. Con loro, dagli inizi, uno staff fidato ed efficiente, tra cui Aldo il cuoco egiziano diventato di famiglia, Giorgia, la moglie di Fabio “una gran sgobbona” assicura Silvana, e da qualche tempo la compagna di Gianluca, Gislaine “grande collaboratrice, ha imparato già benissimo la cucina italiana, soprattutto la pasticceria”, certifica Silvana. Che vuole ricordare anche la professionalità di tutti i vari collaboratori, prima di aggiungere orgogliosa l’ultimo arrivato, il nipote Cristiano, figlio di Gianluca: “impeccabile nel servizio in sala”. Certo è che per Silvana è ancora lontano il tempo della pensione, il lavoro per lei è una medicina: “Tre anni fa ho scoperto di avere un tumore al seno. Nonostante le conseguenze dell’operazione e dei trattamenti successivi ho continuato sempre a lavorare. Posso dire che ho combattuto la malattia lavorando, per me è stata la salvezza. Ancora oggi, preparo le comande senza bisogno di bigliettini, faccio tutto ricordando a memoria, se no non sarei più Silvana!” (Francesco Zucchi)