La decisione è stata assunta ieri dal cda della società, convocato per l’approvazione della semestrale, ma era nell’aria già da qualche settimana. Il board ha stabilito di tagliare il piano di investimenti per il 2010, che prevedeva una spesa di circa 150 milioni, a un ammontare di 80-90 milioni per i dodici mesi. E se si considera che nei primi sei mesi erano già stati spesi 61 milioni si ha un’idea delle portata della frenata. La notizia assume ancora più rilievo se si considera che soltanto nell’ottobre scorso, alla presenza del presidente del Consiglio, era stato annunciato un piano da 3,6 miliardi di investimenti in 10 anni per il raddoppio del Leonardo da Vinci e la possibilità di accogliere sino a 50 milioni di passeggeri. Ma, almeno per il momento, la macchina per l’ampliamento dell’aeroporto si ferma.
A spingere verso una scelta così drastica è il ritardo con il quale il Governo dà corso agli adeguamenti tariffari: innanzi tutto l’aumento-ponte da 3 euro atteso per quest’anno, ma il cui decreto attuativo è fermo al ministero dell’Economia ormai da mesi. Nella riunione del Cipe di fine luglio che doveva finalmente sdoganarlo, il premier ha proposto di far slittare la firma per non gravare i passeggeri con aumenti nel corso dell’estate. E questo nonostante gli incrementi avessero dovuto scattare solo in autunno. È in corso nel frattempo con Enac il negoziato per il rinnovo del contratto di programma, che dovrebbe rivedere le tariffe per il prossimo decennio almeno: con l’Authority lo spirito è costruttivo, ma il timore che alla fine tutto si blocchi sempre al dicastero di via XX Settembre è forte.
La situazione di stallo non è certo sfuggita alle agenzie di rating, che pure in un contesto di ricavi e margini in aumento, confermato dalla semestrale, hanno di recente modificato l’outlook da stabile a negativo proprio per l’incertezza del quadro regolamentare e dell’incidenza che un rinvio degli adeguamenti tariffari può avere sulla situazione finanziaria del gruppo in presenza di un consistente piano di investimenti. A dimostrazione del fatto che la fase in cui sta entrando Adr è decisamente complicata, c’è la decisione di Sintonia di far entrare nel cda della società Gianni Mion, delfino dei Benetton, per tenere d’occhio da vicino i conti e l’evoluzione dell’indebitamento. (Il Sole 24ore)