Entro a casa trafelata, sono in ritardo per la cena e Leo me lo fa notare.
“Dove sei stata? Stavo per mettere su l’acqua per la pasta.”
“Meno male che non l’hai fatto, non ho proprio fame. Sono stanchissima, ti va del formaggio fuso con una bruschettina? Eh?”
“Qualcosa di più sostanzioso, no?”
“Sono veramente stanca.”
“Hai fatto chilometri a piedi?”
Perché non dire dove ero stata con sincerità? Che male c’era, invece mi aggredisce un sussulto, un’ansia terribile, una situazione emotiva complicata come se dovessi nascondere qualcosa di cui vergognarmi o di non voler far sapere.
“In un certo senso sì, ho fatto tanta strada ma sempre per le vie del centro.”
“Per le vie del centro? Avete organizzato una maratona?”
“È andata per la cenetta frugale?”
“Come vuoi.”
Mi sento leggera come una libellula, caricata di energia, vorrei comunicarla perfino a mio marito che mi osserva come se non mi avesse mai vista in quel modo euforica. Ridacchio senza motivo, non seguo i discorsi di Leo che parla di un suo amico, non sto a sentire, la mente torna alla giornata imprevedibile e assurda e a quella droga che è la spensieratezza, che fa della vita una continua allegoria e pochissimi occhi ne possono cogliere il mistero. Andiamo a letto e prima di spengere la luce Leo mi accarezza, rispondo con un sorriso. Poi il buio e i miei occhi spalancati.
Se Leo vi entrasse vedrebbe l’altro mondo impenetrabile di sua moglie.

(continua…)