“Ci voleva una nuova sentenza,  depositata il 5 marzo, con la quale il Tar del Lazio accoglie il ricorso di alcune lavoratrici  degli asili comunali su una questione che la stessa corte definisce “condotta con vizio di eccesso di potere e violazione del principio di buona fede. Detto in parole povere, una questione di illegittima imposizione – fa notare Calicchio – Lo scorso anno, le educatrici sono state escluse dall’assegnazione di incarichi annuali di  supplenze presso le strutture comunali perché, dopo aver vinto un bando pubblico, secondo l’amministrazione dovevano produrre un’ulteriore certificazione medica di abilitazione, peraltro a proprie spese. Una immotivata imposizione da parte del comune, oltretutto discriminante nei confronti delle educatrici, come se il resto del personale che quotidianamente viene a contatto con i bambini possa essere immune da malattie fisiche e mentali. Ora il Tar dà ragione alle lavoratrici e ci mette in un bel pasticcio. Infatti, si intima  all’amministrazione di riammettere le maestre escluse illegittimamente alla possibilità di  ottenere incarichi, senza però revocare incarichi già affidati. Cosa significa questo? Che le  educatrici sicuramente chiederanno di essere riammesse e che vorranno essere risarcite  per tutti gli stipendi che non hanno percepito. E mentre l’ennesimo abuso di potere getta la città nel ridicolo, il sindaco che fa? Forse ricorre al Consiglio di Stato. Ciò significa  aumentare le spese dell’ente per gli avvocati, che devono essere assunti come consulenti esterni, non avendo il comune un legale esperto in ricorsi al Consiglio di Stato. Così si allungano i tempi di altre cause civili e, di conseguenza, potrebbero anche aumentare i risarcimenti a chi subisce le umorali angherie di questa amministrazione”.