Sara si voleva uccidere sui binari del treno
E’ la storia di Anna e Sara due amiche per la pelle. Lo erano solo in chat ma da quando una ha salvato l’altra dalla Blu Whale rimarranno legate per sempre. Ancora se la ricorda Anna quella telefonata dove chiedeva alla polizia postale di correre. Di intervenire subito perché Sara si voleva uccidere come una delle prime vittime della  Balena Blu, suicidandosi sotto i binari del treno.”Un fiume in piena di parole quelle raccontate dall’amica di chat di Sara, 15 anni di Fiumicino (il nome è di fantasia), in una telefonata disperata alle forze dell’ordine. Aveva deciso l’epilogo e doveva essere come quello di una delle prime vittime della Blue Whale alla quale il suo “curatore” dopo cinquanta giorni di prove, al limite della sopportazione umana, aveva destinato non l’orribile lancio nel vuoto da un edificio alto fino al cielo, ma una morte diversa che la facesse diventare,secondo l’assurdità del gioco, ancora di più una eroina. L’ordine imposto era di infilare la testa sotto i binari del treno aspettando che questo passasse, mentre nelle sue orecchie suonava una macabra musica che la accompagnava alla morte. Era questa la fine che Sara aveva scelto per se. Era questa la scena per terminare il suo gioco. Cosa volesse dimostrare nessuno ancora lo sa bene. Certo è che oggi la quindicenne di Fiumicino deve la sua vita all’ amica di chat che ha creduto alle sue idee suicide e ha chiamatola polizia postale raccontando tutta la sua storia.

L’intervento della Polizia Postale
“Il telefono ha squillato all’alba – dice con un filo di voce la mamma della ragazzina – Ho risposto col cuore in gola perché ho pensato fosse successo qualcosa. Era un poliziotto che mi informava che mia figlia era nel gioco della Blue Whale e che rispondeva alle sollecitazioni di un curatore che, di giorno in giorno, le ordinava le regole della raccapricciante sfida”. Al di là della minaccia incontrollabile e dagli effetti devastanti ci sta infatti un curatore, una sorta di tutor, un’ombra folle e sadica che recluta ragazzini normalissimi per portarli ad uccidersi attraverso cinquanta regole, una per ogni giorno, che comprendono autolesionismo, film horror, musiche tristi e deprimenti, visite notturne sui tetti degli edifici fino al suicidio. L’ultimo stadio appunto che, non meno macabro di tutto il resto, prevede anche che mentre questi  si ammazzano qualcuno è li presente a fare un video e a darlo in pasto ai social. Uno stillicidio quotidiano a cui i protagonisti, di questa sfida assurda, sono indotti dal curatore che li trascina in uno stato  depressivo acuto che non trova altre vie d’uscita se non la morte.  “Mentre aspettavo che la polizia arrivasse a sequestrare il telefonino e il  computer di mia figlia , senza essere vista, ho preso il suo cellulare per accertarmi che quanto mi avevano appena raccontato fosse vero. Non ne sapevo neanche l’esistenza di questa Balena Blu che invece è subito apparsa sullo schermo.

Altre 4 quattordicenni imprigionate nel gioco  

Insieme a lei  anche quattro sue amiche facevano lo stesso  gioco e avevano già superato il ventesimo giorno di sfida. Mi ha impressionato – continua la mamma di Sara – come malgrado si fossero procurate i tagli sulla pelle tutte e quattro si mostrassero sorridenti. Erano incredibilmente serene. Si facevano fotografare e lasciavano che le loro ferite fossero messe nel web cosi come, ho poi scoperto da mia figlia, era imposto dal curatore del gioco. Mi ha impressionato la fotografia di una di loro che sul braccio aveva incisa, ancora rossa di sangue, una balena ben definita.  Mi sono ripetuta più  volte che Sara aveva paura del dolore e che mai si sarebbe “autolesionata”. E invece non era così. Ho dovuto ingoiare un altro boccone amaro perché quando le ho raccontato che sapevo ormai tutto e che sarebbe arrivata la polizia postale a sequestrare le chat,  lei è scoppiata a piangere e mi ha fatto vedere un taglio sull’addome. Un taglio puntellato come se si fosse incisa con un oggetto appuntito. Era una delle tappe previste, mi ha poi spiegato”. Quando sono arrivati gli agenti è stata proprio Sara  a raccontarsi e a consegnare le chat nelle quali insieme ad altre coetanee avanzava nelle tappe del gioco del suicidio. E’ stata lei che ha raccontato di queste folli sfide simili ad una guerra contro i giovani che, partite dalla Russia, stanno ormai facendo il giro del pianeta.

La madre: attenzione può succedere a tutti
“A casa ci sono forti tensioni, già denunciate alle forze dell’ordine – conclude la mamma – ma quello che è successo a mia figlia può accadere a chiunque. Lei è sicuramente fragile ed è quindi stata adescata in maniera più violenta. Non mi aveva mai detto nulla perché nel gioco il curatore le ordinava di far finta di niente.  Credo che  provasse una eccitazione mista a paura e quindi viveva nel silenzio. Così ha passato tre mesi senza uscire di casa. Andava soltanto a scuola dove per altro è molto brava. Io inizialmente ho pensato dipendesse dai conflitti che ci sono in famiglia e che sono rimasti  inascoltati alle orecchie delle autorità informate dei fatti. Solo con i giorni mi sono accorta che invece Sara diventava triste e cupa. Mi ha raccontato di una sua amica che era morta per una malattia e che era questo il motivo dei suoi brutti pensieri.  Voleva raggiungere la sua amica in cielo e che per questo aveva pensato di farla finita, anticipando persino quelle fasi di un gioco folle che, prima che faccia altre vittime, va assolutamente frenato”. Sarebbero almeno cinque e tutte sui quattordici anni,  che avrebbero iniziato il “gioco del suicidio”.

L’allarme dei Presidi di Fiumicino
E la voce che Blue Whale sarebbe arrivata nel comune costiero da qualche settimana, ma trapelata solo in queste ore, si è diffusa fra i banchi di alcune scuole secondarie, fra paura e curiosità. I presidi hanno subito informato gli uomini del  commissariato locale, che hanno iniziato  le loro indagini e convocato sia i dirigenti scolastici che i rappresentanti comunali per cercare insieme una strategia di interventi.

Task force assessorato e polizia
Polizia e  assessorato alla scuola hanno quindi programmato per questa settimana  alcuni  incontri che si terranno, già da domani, negli istituti  del territorio per mettere in guardia gli adolescenti a non cedere a questa sorta di trappola psicologica che porta ad uccidersi, per emulare la sofferenza della balena blu arenata sulla spiaggia e lasciata morire. “Sto cercando di mettere in piedi una macchina di ascolto  e supporto – sostiene Paolo Calicchio assessore alla scuola – che possa salvare i giovani da questo gioco estremamente pericoloso. Stiamo accertando con la polizia le storie di cui siamo a conoscenza e cercheremo di intervenire nel modo più incisivo possibile. Da padre, prima che da assessore, chiedo ai genitori di vigilare maggiormente sui loro figli che in questo momento  rischiano  davvero molto se nessuno li controlla. Perché esistono situazioni, come quelle raccontate in queste incredibili sfide, che il più delle volte  non hanno un ritorno. E  che stanno portando alla luce un substrato di patologie e malesseri profondi che stiamo scoprendo si annidano nelle giovani generazioni e di cui ne ignorano l’esistenza”.

Francesca Procopio