Con una band fantastica a supporto dei suoi ritmi, che partendo dal rock puro sfociano spesso nel blues e nel jazz, composta da fior di professionisti affiatati tra i quali una menzione speciale meritano il tastierista Paolo Gambino e, soprattutto, la magica chitarra di Max Carletti. Finardi, classe 1952 e un’infanzia cresciuto a pane e musica doc con la mamma americana cantante di musica classica e il papà tecnico del suono, ha dato vita ad un esibizione  antologica, come è di moda dire oggi, in cui ha ripercorso a ritroso tutta la sua carriera. E la sua vita, fatta di impegno, di utopie e di "giuste propulsioni" come dice in uno dei suoi brani. Dopo l’apertura affidata alla splendida voce di Roberta Di Lorenzo, si va subito in salita con Non voglio esser solo, poi la ritmica Dolce Italia scritta in un periodo di permanenza negli States e Ti amo per come tu mi ami, splendida ballata. Quindi la storia di un amore bambino con Chissà Katia, e il blues di Holly Land e la malinconia di un raffinatissimo pezzo rock Se Dio fosse uno di noi. A dimostrazione di come si possa, se lo si sa fare, usare al voce come uno strumento, l’artista e la sua band si sono esibiti in un "salto di quarta" raggiungendo tutte le tonalità possibili in Un Uomo (esiste solo quando una donna lo vuole). Poi un trittico di protesta contro tutte le guerre che partiva da  Jay Pong, ispirata ad un libro famoso di Tiziano Terzani sulla caduta di Saigon nel conflitto in Vietnam, Mezza Luna e So.We.To, che prende il nome da un sobborgo di Johannesburg e da il senso di una sofisticatissima ricerca del sound più giusto. Per ridere un po’ e per esaltare le doti di Carletti alla chitarra, ecco Will il coyote, con presentazione del resto del gruppo: il basso Stefano Profeta, la batteria Fedrico Ariano e la voce Ilaria Allegri. Ancora sperimentazione in una versione  molto originale della sua famosissima Extraterrestre e un inno alla libertà delle emittenti in Amo la radio,  "perchè con la radio non si smette di pensare". A mezzanotte, l’ora dei bis, c’è il tempo e il modo per omaggiare il poeta e attore russo Vladimir Visozcky, incarnazione della contestazione alla stagnazione del potere nel suo paese, scomparso a soli 42 anni dopo che intorno gli era stata fatta terra bruciata ma non prima di averci lasciato circa 500 composizioni per lo più sconosciute in occidente,  tra le quali Sentieri Selvaggi che contiene l’ironica La Ginnastica, eseguita in duetto col tastierista e mimando esercizi da palestra. Per chiudere poi in maniera esaltante con Musica Ribelle, sicuramente la più famosa tra le hits di Eugenio Finardi, un bravissimo cantautore che non si è mai omologato e che, nell’occasione ha dato lustro alla rassegna fregenese dedicata al festival delle intelligenze. (Lorenzo D’Angelantonio).