Non sono bastati due anni di sequestri, ricorsi, dissequestri, sentenze del Consiglio di Stato e, da ultimo, la delibera approvata dal consiglio comunale il 26 ottobre scorso. Il sostituto procuratore Delio Spagnolo ieri ha notificato, tramite la Capitaneria di Porto, 17 avvisi di garanzia a tutti coloro i quali hanno approvato l’ultima delibera. Il sindaco Montino, il dirigente Roberto Rizzi, poi i 15 consiglieri comunali che votarono la delibera, compreso uno di opposizione Roberto Merlini. Questo l’elenco in cui figurano diversi nomi sbagliati nella notifica, a partire da quello del sindaco “Montini”: Erica Antonelli, Antonio Bonanni, Michela Califano, Chiodi Michela (sarebbe Massimiliano), Laura Fabiano, Marco Gaudiello, Paola Magionesi, Sione Mangione (Simone), Roberto Merlini, Gianpaolo Nardozzi, Emilio Patriarca, Giuseppe Pavinato, Angelo Petrillo, Alessandra Vona e Silvano Zorzi.
Tutti accusati del reato di “abuso di ufficio” (art. 323), “in concorso” (art. 110 del codice di procedura penale). Perché avrebbero violato l’art. 42 del d.lgs n. 267/2000 sulle attribuzioni del consiglio comunale, l’art. 6 comma 3 d.l. n. 400/1993 sulle disposizioni per la determinazione dei canoni demaniali e il capo I art. 24 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione in relazione al contenuto della concessione, “aumentando l’estensione delle suddette concessioni e provocando un ingiusto vantaggio patrimoniale ai gestori”.
Era stato proprio Delio Spagnolo nel marzo del 2014 a dare l’avvio all’inchiesta firmando il sequestro progressivo di gran parte dei chioschi per “abusivismo edilizio e danni ambientali” che derivano dal non riconoscimento dell’istituto della “convenzione” con cui l’amministrazione comunale aveva regolato una parte dei rapporti con i gestori, l’affidamento dei 2000 mq di spiaggia.
La svolta il 29 maggio 2014 quando il Consiglio di Stato con sentenza n. 2974 sembrava chiudere la vicenda ritenendo invece “legittima” la convenzione. Iniziavano così i dissequestri disposti il 23 giugno del 2014. Non passa nemmeno un mese che il 22 luglio la Procura di Civitavecchia dispone nuovi sigilli: tocca prima al Pelota Beach, poi al Tortuga di Focene e il 20 agosto a Waterfront, Malibù e Tucano. Il 7 ottobre il Tribunale del Riesame di Roma, con i magistrati Azzolini, Imperato e Conforti, annulla il decreto di sequestro preventivo.
Passa un anno e il Comune di Fiumicino decide di intervenire, approvando il 26 ottobre la delibera. “Questa delibera – spiegava allora il sindaco Montino – intende fare chiarezza conformemente a quanto è già stato fatto in tema di concessione degli arenili, a partire dal famoso bando del 2002, quando il Comune mise a bando i 15 chioschi. Il bando stesso specificava che doveva essere sottoposto a regime delle concessioni, non solo della superficie dove insiste il chiosco ma della superficie complessiva della spiaggia in concessione stessa. Questo nel corso degli anni non si è verificato, per questo adesso vogliamo introdurre un elemento di chiarezza e passare alla concessione a tutti gli effetti, con tutti gli obblighi e i doveri nei confronti dello Stato che questo comporta, così come definito dalle norme previste dal Codice della Navigazione. In particolare si è deciso, in applicazione dell’articolo 24 del Regolamento di esecuzione del Codice della Navigazione, di procedere al rilascio delle “autorizzazioni demaniali marittime suppletive” per il solo ampliamento delle concessioni già rilasciate fino al raggiungimento di 2000 metri quadri, su cui potranno insistere le strutture balneari così come rappresentate nei progetti risultati aggiudicatari del bando di gara ed eventuali successive modificazioni, previa verifica della regolarità o sanabilità doganale ed edilizia delle strutture stesse”.
La storia sembrava finita, invece ieri il colpo di scena: l’avviso di garanzia al sindaco e a metà consiglio comunale. La guerra continua…