In sei giornate su un arco di sette anni, dal 1958 al 1964 (Arrivi, Inganni, Soldi, Lettere, Sangue, Famiglie), il tormentato e appassionato rapporto tra due fratelli siciliani. Giovanni (E. Lo Verso) raggiunge a Torino il minore Pietro (F. Giuffrida) per aiutarlo e spronarlo a prendere l’agognato diploma di maestro. Pietro contraccambierà l’amore ossessivo di Giovanni, addossandosi un delitto da lui commesso. Fa da tela di fondo la grande ondata di immigrazione che in quegli anni avvenne nella città della Fiat. 11 lungometraggio (6 per la TV) di G. Amelio (S. Pietro Magisano, CZ, 1945) che chiude, secondo la critica, un’ideale trilogia (Il ladro di bambini, 1992; Lamerica, 1994). Leone d’oro a Venezia 1998, clamoroso insuccesso di pubblico e, in parte, di critica. L’amore fraterno, argomento di tanti film, non era mai stato raccontato, in modi così accesi. In filigrana vi si può leggere il rapporto tra padri e figli (adulti e adolescenti), leitmotiv del cinema di Amelio. Nel finale sconsolato è ancora una volta il “minore” che dà una lezione di vita. Le ambizioni di romanzo sono evidenti già nell’impianto narrativo dove aggalla la sua calcolata imperfezione: dissonanze, ellissi, enigmi, indizi, scarti, trasalimenti, cadute. E un film faticoso, inquietante, di un pessimismo disperato che fa male. “Di tutti e tre, è il film che si riferisce di più all’oggi, nella sua spietatezza… Siamo tutti circondati da tanti Giovanni. Questa è la disperazione: non vedere di fronte a te nessuna speranza di cambiamento” (G. Amelio). A esaltare Torino, trasformata in tanti set cinematografici, c’è la straordinaria fotografia di Luca Bigazzi in Super35 sgranata, dura, dai rapporti fortemente contrastati di luce, giocata sui neri profondi, tranne che nell’ultimo capitolo. Altrettanto riconoscibile e alta è la cifra musicale di Franco Piersanti.