Proseguono le proiezioni della rassegna “Dieci anni visionari” organizzata da Cinema x noi – L’Albero alla sala conferenze della Casa della Partecipazione a Maccarese (ore 21.00 – ingresso libero). Il prossimo appuntamento è per venerdì 10 febbraio cin il film “Perfect day”  di Fernando León de Aranoa.

 

Dopo – e spesso anche durante – uno dei tanti, orribili conflitti con annesso genocidio che hanno sostituito ai nostri tempi il concetto di guerra mondiale e che insanguinano quotidianamente gran parte dei paesi del globo, all’operato dei Caschi Blu e alle cosiddette forze di pace degli organismi internazionali, si affianca l’opera dei cooperanti civili, in gran parte volontari, incaricati di aiutare le popolazioni delle zone di guerra a riprendere pian piano la normalità della vita. È un popolo internazionale, complesso e dalle competenze diverse, le cui specifiche attività non sono sempre chiare al fortunato osservatore esterno che vive in paesi pacifici. Ma è ovviamente composto di esseri umani, coi loro amori, le loro idiosincrasie e la loro quotidianità. Il nuovo film di Fernando León De Aranoa, interessante regista spagnolo di film come Familia (rifatto da Paolo Genovese con Una famiglia perfetta) e I lunedì al sole, parla proprio di un piccolo gruppo di bonificatori nella Bosnia del 1995: l’esperto portoricano Mambrù, la neofita francese Sophie, il disincantato veterano americano B e la russa Katya. Sulla scorta del primo romanzo in parte autobiografico di Paula Farias, medico di Médicins sans frontières, intitolato “Dejarse Llover” (Lascia che piova). De Aranoa mette in scena una commedia amara sulla guerra e le sue conseguenze, partendo dal caos in cui gli uomini cercano di portare ordine, come formiche coscienziose, dopo che un predatore ha distrutto il formicaio. Per questo il regista ci mostra spesso i suoi protagonisti dall’alto, in jeep che corrono su strade sterrate a strapiombo sul nulla, impegnati in una quest in apparenza semplice: trovare una corda abbastanza resistente per estrarre il corpo in putrefazione di un uomo molto grasso dal pozzo in cui qualcuno l’ha tirato per avvelenare l’acqua necessaria agli abitanti di un villaggio (per lo più donne, vecchi e bambini). In realtà i nostri scoprono ben presto quanto una missione tanto semplice possa essere pericolosa e quasi impossibile, tra mine da evitare (quando una mucca morta interrompe la strada bisogna capire da che parte passare per non saltare in aria), regole burocratiche, rapporti interpersonali, un ragazzino coinvolto loro malgrado e svariati incidenti di percorso. Alla fine la corda la si troverà utilizzata nel peggior modo possibile, ma ancora, una volta dalla morte potrà rinascere la vita. Perché Perfect Day, anche se aspira ad avere un valore metaforico, è più che altro (e non è poco) un doveroso omaggio a chi sta dalla parte giusta, rischia la vita e spesso non ottiene riconoscimenti pubblici, ma – e questo è forse il suo limite – non riesce ad elevarsi sulla storia che racconta al punto da diventare un film antibellico indimenticabile.