La società di navigazione, di proprietà della finanziaria di Stato Fintecna ha infatti un’esposizione debitoria di 646,6 milioni di euro a fronte di una liquidità di appena 18.506 euro. Detto altrimenti, la società non ha soldi neanche per pagare i circa 4 mila dipendenti, tra i 1.646 lavoratori di Tirrenia Navigazione Spa (267 amministrativi, 1.379 naviganti) e i rimanenti della Siremar, la società che gestisce i trasporti con le isole minori in Sicilia. Il 12 agosto scorso il tribunale fallimentare di Roma ha dichiarato lo stato di insolvenza. E i sindacati, preoccupati per la sorte dei lavoratori, hanno aggiunto il carico, proclamando due giorni di sciopero il 30 e il 31 agosto, quando molti italiani torneranno dalle vacanze nelle isole verso il continente. Come nella vicenda Alitalia, anche in questa storia di conti disastrati a causa di una pessima gestione della società si spera nella formazione di una cordata di soci italiani, pronti a rilevare la compagnia per rimetterla almeno a “galla”. I nomi comparsi sui quotidiani sono quelli di armatori del calibro di Moby, Grandi Navi Veloci, Grimaldi e Snav, stando all’invito di Nicola Coccia, ex presidente di Confitarma. Ma in pole position ci sarebbe Mediterranea Holding (il cui socio di maggioranza è la Regione Sicilia con il 37 per cento delle quote), che stava per aquisire Tirrenia con un’offerta di 25 milioni di euro: la società i primi di agosto non ha firmato il contratto entro il termine (aveva chiesto uno slittamento per raggiungere un accordo con le banche creditrici di Tirrenia) e così Fintecna alla fine ha annullato la gara. Il patron di Moby, Vincenzo Onorato, tirato in ballo da Coccia, si è detto interessato a Tirrenia, ma non a Sidemar. Ora la data cruciale è quella del 30 settembre, termine ultimo imposto dalla Ue per la privatizzazione della compagnia. Il timore per i sindacati, scansati in parte dal ministro Matteoli, è quello del cosiddetto ”spezzatino”. Già lo scorso anno, infatti, la compagnia aveva ceduto alle regioni Campania, Sardegna e Toscana le altre società del gruppo che servono le isole minori dei rispettivi territori regionali (Caremar, Saremar e Toremar). Un’ipotesi, quella dello spezzatino, ribadita invece recentemente da Manuel Grimaldi, patron dell’omonimo gruppo, in una recente intervista a Repubblica, secondo cui Tirrenia “va liquidata”. Il gruppo, tuttavia, è stato ammesso alla procedura di gestione straordinaria prevista dalla legge Marzano, che non ha finalità liquidative, ma conservative del patrimonio dell’impresa e dei posti di lavoro. Insomma, i presupposti ci sono per un ultimo tentativo di rilancio. Ora è il momento delle offerte. E delle cordate. C’è rimasto poco più di un mese.