E lo facciamo esattamente come hanno fatto tanti organi di informazione, pubblicando “Invictus”, la poesia scritta nel 1888 da Henley, utilizzata da Mandela per alleviare gli anni della sua prigionia durante l’apartheid:

Out of the night that covers me,

Black as the pit from pole to pole,

I thank whatever gods may be

For my unconquerable soul.

In the fell clutch of circumstance

I have not winced nor cried aloud.

Under the bludgeonings of chance

My head is bloody, but unbowed.

Beyond this place of wrath and tears

Looms but the Horror of the shade,

And yet the menace of the years

Finds and shall find me unafraid.

It matters not how strait the gate,

How charged with punishments the scroll,

I am the master of my fate:

I am the captain of my soul. 

Dal profondo della notte che mi avvolge,

Buia come un pozzo che va da un polo all’altro,

Ringrazio qualunque dio esista

Per l’indomabile anima mia.

Nella feroce stretta delle circostanze

Non mi sono tirato indietro né ho gridato.

Sotto i colpi d’ascia della sorte

Il mio capo è sanguinante, ma indomito.

Oltre questo luogo d’ira e di lacrime

Si profila il solo Orrore delle ombre,

E ancora la minaccia degli anni

Mi trova e mi troverà senza paura.

Non importa quanto stretto sia il passaggio,

Quanto piena di castighi la vita,

Io sono il padrone del mio destino:

Io sono il capitano della mia anima.