E, insieme al porto turistico e l’aeroporto, dell’intero sistema economico di Fiumicino che avrebbe rappresentato, come ebbe a dire Giuseppe Smeriglio, presidente dell’Interporto Romano, “una delle grandi opportunità per l’intera Regione Lazio”. Una imponente opera infrastrutturale che, come viene ancora oggi presentata sul sito istituzionale, avrebbe portato alla creazione di un “hub intermodale, non solo per l’Italia, ma anche per tutti quei paesi che si affacciano sul Mediterraneo”. Eppure da allora di tempo ne è passato e molto se si considera che risale all’agosto del 2005 la nascita dell’Interporto Romano SpA (società appartenente alla data della sua costituzione per l’85% al Cirf  Consorzio Interporto Roma Fiumicino e il restante 15% a CCC Consorzio Cooperative Costruzioni) come società di scopo “per lo studio e la realizzazione della piattaforma logistica interportuale nel Comune di Fiumicino, in conformità alla Convenzione Urbanistica dell’aprile 2003 e sue successive modifiche”. Da quel momento, tra difficoltà e rinvii di vario genere, bisogna attendere il 2007 per arrivare alla costruzione delle prime strutture. Mentre risale ai primi mesi del 2009 la conclusione della prima fase, ovvero 100 mila mq di capannoni assegnati in gran parte e che fecero sperare in una rapida conclusione dell’intera operazione. “Con l’avvio della seconda fase per il completamento degli altri 250 mila mq dell’interporto – affermò nell’occasione l’assessore all’Urbanistica Mario Russo –  abbiamo ottenuto dalla Cirf  l’impegno a finanziare diverse opere per la viabilità locale, dal collegamento agli accessi dello svincolo autostradale, al rifacimento e la messa in sicurezza di via della Colonna Boreale e di via Lingua d’Oca, che verrà anche illuminata, la realizzazione di uno svincolo tra via della Muratella e via Montanari, strada dove non verrà consentito il traffico dei mezzi pesanti. Tutte opere necessarie per dare avvio alla terza fase, quella che permetterà di realizzare tutte le altre opere connesse, uffici, spazi commerciali, alberghi, fino alla realizzazione in zona Le Vignoline di 100 alloggi di edilizia popolare pubblica”.
Un’operazione che quindi, sebbene in ritardo sui tempi previsti, sembrava sino quel momento ancora realizzabile nella sua interezza. Da allora, però, tutto è rimasto fermo e sui motivi che hanno portato a questa prolungata paralisi si rincorrono diverse voci, confermate da più fonti. Prima di tutto ci sono gravi problemi strutturali, sopra i terreni argillosi hanno ceduto alcuni pavimenti sprofondano di diversi centimetri. Il progetto originario che prevedeva un sistema di ancoraggio delle strutture al suolo non ha avuto seguito, forse è stato ritenuto troppo oneroso. Ma gli evidenti cedimenti dei pavimenti sopra i terreni argillosi all’interno dei capannoni hanno compromesso la loro piena utilizzazione portando all’insorgere di pesanti contenziosi legali tra Interporto Romano e le società che avevano acquistato gli spazi. Altro fattore determinante è la crisi economica generale che nel frattempo ha raggiunto il suo punto di massimo investendo in pieno il mercato dei trasporti e della circolazione delle merci, un vero problema per il buon esito dell’operazione. I problemi finanziari degli investitori e quelli dei principali network hanno al momento azzerato l’appeal della Piattaforma Logistica, congelando di fatto il suo sviluppo. Anche l’iter amministrativo della bretella stradale resta avvolto nella nebbia, da un anno e mezzo alla Regione, ancora non ha ricevuto il via libera dagli uffici che stanno ancora valutandone i dettagli. Eppure lo svincolo sull’autostrada Roma-Civitavecchia, collegamento nevralgico per la funzionalità dell’Interporto, era stato finanziato dal Cipe con 18 milioni di euro. Così il cantiere è completamente fermo da più di un anno anche se, proprio a fine novembre, l’assessore regionale ai Lavori Pubblici, Luca Malcotti, ha inserito l’opera tra le priorità infrastrutturali per migliorare la sicurezza stradale nella Regione.
A questo punto appare logico chiedersi come uscire da questa prolungata fase di stallo. Allo stato dei fatti, la soluzione che sembra avere più consistenza sembra quella di una nuova tempistica delle fasi di sviluppo previste dal progetto, che inizialmente erano: Piattaforma Logistica nel comparto C1, Attività Artigianali nel Comparto C2, Centro Servizi nel comparto C3 e Attività ricreative e culturali nel comparto C4. Si parla ora di dare la precedenza alle convenzioni con i privati in modo da favorire la realizzazione delle attività commerciali e del residenziale che permetterebbe di rimettere in moto la Piattaforma. Ma siamo ancora nel campo delle ipotesi, mentre i piloni e i capannoni rimasti a metà nell’acquitrino nato sopra ai terreni di argilla richiamano alla memoria le tanto vituperate cattedrali nel deserto, non rare nel nostro paese.