“Lo Zì” è un monologo ispirato in parte ai miei ricordi di bambino. Ho uno zio completamente disabile, seduto su una sedia a rotelle da sempre. Da piccolo, quando mi capitava di stare da mia nonna, m’incantavo nell’osservarlo; scriveva senza saper scrivere, sui suoi infiniti quaderni. In famiglia la sua strana grafia simile ad un elettrocardiogramma la chiamavano:le cip e ciapp de “Lo Zì’”. Era meraviglioso osservarlo, seduto davanti alla sua mini scrivania “u vanghette” formato mignon, color marrone scuro, con almeno quattro cinque “mani” di vernice, l’abat jour con la lampadina azzurra, il crocifisso, i timbri, i quaderni. La sua faccia così serena, con la mente forse molto lontana da quella stanza. Questa era la sensazione che avvertivo solo quando scriveva. Mi guardava e scriveva. Lo osservavo, i miei occhi calamitati dalla sua immagine, fissi sulle sue labbra, sulle mani, sulla penna, sulle sue cip e ciapp. Questo è il ricordo indelebile del “Lo Zì”, stampato nella mia mente. Oggi penso che il suo disperato bisogno di scrivere sia stato il modo per urlare, in silenzio, al mondo intero il suo naturale bisogno di comunicare. Questo lavoro è un atto d’ amore nei suoi confronti e nei confronti di chiunque viva ed abbia vissuto direttamente o indirettamente la sua condizione ed ha bisogno di comunicare, di urlare, non solo in silenzio, i bisogni dell’anima. La sua forza di volontà e la voglia di vivere sono un grande esempio per me che a volte mi lamento per quello che non ho, ignorando e non apprezzando quotidianamente quello che ho. “Lo Zì” dà voce a tutte quelle forme di disagio, di vergogna che destabilizzano le menti di molta gente. Mi riferisco anche ai genitori, ai fratelli, alle sorelle, ai nonni di queste persone. “Lo Zì” vuole urlare al mondo: accettatemi per quello che sono “strepiato” o sano, ma così come sono, con i miei disagi più o meno evidenti, quello che sono. “Lo Zì” è in ognuno di noi. Il personaggio di “Vittorio” vive finalmente quando diventa “Lo Zì”, trova il coraggio di essere, finalmente. Ho capito in questo anno e mezzo di lavoro dedicato a “Lo Zì” , attraverso il contatto quotidiano con la gente, che in molte famiglie, ricche o povere, c’è molta sofferenza e non solo a causa del “problema” ma anche dell’inutile vergogna che si prova per esso. Queste famiglie molto spesso, sono lasciate sole davanti ad un dramma più grande, non solo di loro, ma di tutti noi. L’ignoranza è molto più pericolosa della disabilità stessa, fa molti più danni ed io ho voluto fare qualcosa, mi auguro di arrivare fino in fondo con la stessa determinazione. Questa piccola opera scritta e interpretata con il cuore, con profonda umiltà e con la gioia di vivere, se potesse essere utile anche ad una singola persona, io ne sarei ben lieto e onorato. Lì dove “Lo Zì” sarà rappresentato, sono e siamo disposti, con l’aiuto di associazioni locali, sponsor privati, enti coinvolti, ad aiutare chiunque abbia concretamente bisogno, basta semplicemente segnalarlo a info@lozi.it” (Mimmo Mancini)