Pubblichiamo il servizio che gli avevamo dedicato nel numero di aprile di Qui Fregene:

Gli 80 anni di Esuperanzi
Dopo una vita passata in prima linea come medico condotto, ora Romeo si gode la pensione nella sua casa di Fregene

di Francesco Zucchi

“Vabbè, mi sembra di aver detto abbastanza, abbiamo finito?” Dopo neanche mezz’ora di conversazione, per il dottor Romeo Esuperanzi quello che ha raccontato è già più che sufficiente, ma noi insistiamo. Una vita passata da medico condotto quando la medicina era ancora di frontiera, felicemente sposato in terze nozze dopo due matrimoni alle spalle e 5 figli, primo sindaco del comune di Fiumicino… chissà quante vicende ci potrebbe raccontare se ne avesse veramente la voglia! La memoria è lucidissima, la risposta pronta e lo spirito arguto, i suoi modi sono gentili ma è evidente che non ama i riflettori, ora più che mai che si è ritirato a vita privata nella sua bella casa di Fregene, amorevolmente seguito dalla moglie Bruna Vidotto. Se ha accettato l’incontro è solo perché il 21 marzo scorso ha compiuto 80 anni e sa di non potersi sottrarre al nostro invito ad offrirci uno spaccato dei suoi ricordi. Più che fare cosa grata a lui, con questo ritratto sappiamo di interpretare il senso di profonda gratitudine che generazioni di persone di queste parti sentono nei suoi confronti. Come implicitamente conferma la moglie Bruna “tutte le volte che vado in giro c’è sempre qualcuno che si raccomanda di mandargli i suoi saluti”.
Così, con a fianco le immancabili sigarette, inizia il suo racconto: “Sono nato a Roma il 21 marzo del ’32, dopo gli studi classici al Liceo Visconti mi sono laureato in medicina e chirurgia alla Sapienza con il massimo dei voti. Dopo il servizio militare, a 28 anni sono arrivato a Fregene nel marzo del ’60 in sostituzione del dottor Cappellato”.
Tutto era ovviamente molto diverso da adesso, pochi gli abitanti di una Fregene con ancora tante strade bianche e la bicicletta come principale mezzo di locomozione, “un territorio di confine, in gran parte desolato, ma in fondo anche “cosmopolita” per la presenza di tante famiglie giunte da regioni diverse d’Italia per la bonifica, in gran parte del Veneto. E dato che capivo perfettamente il dialetto, avendo una nonna di quelle parti, questo influì sulla decisione di assegnarmi a questa zona”. Se oggi ci si lamenta per l’insufficiente presenza di strutture sanitarie, a quei tempi mancava tutto e l’unico, vero interlocutore a cui affidare la propria salute era proprio lui, il medico condotto, pronto a intervenire a qualunque ora del giorno e della notte. “Non c’era un pronto soccorso nelle vicinanze, né servizio d’ambulanza, bisognava prestarsi a fare di tutto, dal chirurgo all’ostetrico fino al pediatra, compresa l’assistenza agli affogati. A mio parere per essere un bravo medico bisogna avere preparazione, spirito di sacrificio e intuito. Per questo, nonostante il lavoro, ho preso anche quattro specializzazioni, pediatria, puericultura, malattie del sangue e medicina dello sport. Grazie a quest’ultima sono stato per anni il medico della Polisportiva di Fregene e di squadre di calcio a livello regionale e nazionale”.
Tanto lavoro e tanti incontri nella sua vita, tra i diversi studi a Fregene e quello ricavato nella canonica della chiesa di Sant’Antonio a Maccarese, dalle semplici famiglie contadine che lo ripagavano a suon di uova, galline e prodotti della terra ai molti personaggi noti che divennero suoi amici oltre che suoi pazienti: “Ne ho conosciuti e curati tanti, Fellini, Sergio Leone, Gillo Pontecorvo, Orson Welles, Alida Valli, ma in particolare ricordo con piacere l’umiltà e la semplicità di Marcello Mastroianni, il grande atleta e amico Giuliano Gemma, il galantuomo Lino Banfi”. Nel 1993 si presenta con una lista civica alle prime elezioni del comune di Fiumicino appena costituito e proprio per il prestigio personale e la sua figura di spicco diventa il primo sindaco del nuovo Municipio. “Sono rimasto in carica otto mesi, per me è stata un’esperienza interessante ma non ripetibile. All’epoca c’erano da affrontare tutte le difficoltà che comporta trasformare una circoscrizione in un comune indipendente. Per fare questo lavoro ci vuole la mentalità giusta e disponibilità ai compromessi. Una volta fui anche oggetto di tentativo di corruzione; un imprenditore interessato al Porto turistico, di cui già si parlava ai tempi, si presentò con una mazzetta, la mia risposta fu che dovevo solo scegliere tra i due telefoni che avevo davanti per chiamare i carabinieri. Si scusò: “sa credevo…”, mi disse. No, non era questo il modo in cui intendevo la politica e ho lasciato perdere”.
Di episodi curiosi, nella sua lunga attività di medico, gliene sono capitati tanti, alcuni dei quali si è divertito a raccontare in una raccolta, mai data alle stampe, che avrebbe voluto chiamare “Ich haben krankenkasse” – Io ho la cassa mutua in tedesco. Uno però ce lo racconta: “Venni chiamato per visitare un vecchietto di 104 anni, la salute tutto sommato era buona ma quando fu il momento di salutarci iniziò d’improvviso e senza motivo a insultarmi in tutti i modi. Lì per lì rimasi sorpreso, poi capii che l’anziano era affetto da sindrome di Tourette, dal nome del neurologo francese dell’800 che la scoprì”. Altra malattia particolare ma qui un tempo abbastanza diffusa, la malattia di Carducci, che colpiva i cacciatori con febbre altissima e che è trasmessa da un germe presente nelle quaglie. A proposito di malattie, viene naturale chiedergli se in base alla sua esperienza ritiene il territorio particolarmente esposto ai tumori, in particolare a causa della presenza dell’aeroporto. “Difficile dirlo, di sicuro c’è stato un aumento di malattie alla tiroide dopo Cernobyl e di forme tumorali, anche a causa dei pesticidi e diserbanti che un tempo venivano impiegati in agricoltura. Ma una notevole incidenza di queste malattie nel territorio è indubbia”. Il lavoro l’ha dovuto lasciare nel 2002, “una scelta che ho preso a malincuore perché avrei voluto continuare”. Cosa che in effetti ha continuato a fare sostituendo i medici quando ce ne è stata l’esigenza. Ora si gode la sua Fregene, anche se non manca di criticarla per essere diventata “troppo borghesizzata” e per “l’eccessivo impatto urbanistico, con il rischio che le nuove costruzioni, a causa della carenza di infrastrutture, rimangano delle cattedrali nel deserto”.
Ma è questa ormai la sua casa: “dopo aver lasciato, mi fu offerta l’occasione di esercitare ancora a Roma, ma non avrei potuto ritornare nel caos della città”. Ci lasciamo invitandolo a dare un consiglio per una buona salute e la risposta anche qui è pronta: “non fumare, una vita all’aria aperta e tanta attività fisica”, sentenzia accendendosi l’ennesima sigaretta. Una contraddizione evidente, ma il dottor Romeo Esuperanzi non ha mai aspirato alla santità ma ad essere un bravo medico. E ci è riuscito benissimo.