Il rinvio a giudizio di Obedea, padre di Arica, la moglie di Mailat, l’uomo condannato a 29 anni di carcere per l’omicidio della signora Reggiani, è stato disposto ieri dal giudice delle indagini preliminari Tommaso Picazio nell’ambito di un’inchiesta stralcio sulla morte della moglie dell’ammiraglio Giovanni Gumiero. Il gup ha rinviato a giudizio anche Radu Pirvu per aver ricevuto da Obedea, forse acquistandolo, il cellulare della donna. I due rumeni, a tutt’oggi, sono considerati latitanti.
La vicenda dell’occultamento della borsa emerge nel corso di una deposizione rilasciata alle autorità romene dallo stesso Obedea, 48 anni. Lui è infatti uno dei testimoni oculari della ferocia con cui Mailat infierisce sulla povera signora Reggiani la sera della tragedia, come lui stesso racconta. «Quel pomeriggio avevo seguito Mailat. Era stata sua madre, Leana, a chiedermelo perché il ragazzo era ubriaco – racconta l’uomo nel corso della testimonianza – Lo vidi strappare la borsa alla donna, lei resisteva e lo graffiò sul volto. Lui la colpì con tutte le sue forze con un bastone alla fronte e mi gettò la borsa: “Prendila e sparisci”, mi disse». Il contenuto della borsa poi sarebbe diventato un bottino da cui ricavare un misero guadagno. Prima Obedea sarebbe corso nella baracca dove, all’epoca dei fatti, vive Leana, la madre dell’assassino, per nascondere la borsetta e proteggere Mailat.
Tuttavia, secondo l’accusa, quel gesto sarebbe servito anche a spartire con la necessaria calma il contenuto della borsa della moglie dell’ammiraglio. Come racconta Obedea, sarebbero stati prelevati dei soldi, successivamente inviati in qualche modo alla moglie di Mailat, nonché figlia del testimone. Leana, invece, avrebbe tenuto per sé una collanina e un paio di orecchini. Questa parte del racconto comunque è sempre rimasta avvolta nel mistero. Chiara, invece, sarebbe la sorte del cellulare della Reggiani, uno degli oggetti contenuti nella borsetta. Nel corso della presunta agghiacciante spartizione del gruzzolo, il cellulare sarebbe finito proprio nella mani di Obedea. Che poi avrebbe venduto a Radu Pirvu il telefonino, trovato in seguito in Romania. «Il proscioglimento sarebbe stata la decisione più saggia perché manca la borsetta – commenta l’avvocato Massimiliano Ermanno Kornmuller, difensore di Obedea – Il mio assistito è irrintracciabile e non posso escludere che la sua scomparsa sia dovuta alla paura di qualche ritorsione». (di GIULIO DE SANTIS, Il Messaggero).