Vittorio Bitelli racconta l’arrivo della sua famiglia nel centro balneare.

“La mia famiglia, originaria dell’Emilia, per ragioni belliche nel ’43 si trasferì in Valseriana, precisamente a Pradalunga nelle vicinanze di Albinoleffe, cittadina con laboratori di cardanatura di stoffe. Il viaggio non fu piacevole, poiché attraversammo con una chiatta sotto i bombardamenti il Po di notte, illuminato dai bengala lanciati da un piccolo aereo chiamato da noi sfollati “Pippo”. Quando arrivammo nella suddetta località gli abitanti del luogo ci accolsero con calore insperato. Per sopravvivere mia madre Amalia svolgeva il suo lavoro di sarta ricevendo in cambio della sua opera viveri e denaro. Mio padre Giovanni era ragioniere e svolgeva il ruolo di direttore di banca a Minerbio (BO) chiamata Monte di Bologna ed era anche un valido violinista. Suonava, infatti, con il gemello violoncellista all’Antoniano di Bologna. Venne, inoltre, chiamato dal Convento dei Preti Demoniani di Albino essendo un capace tipografo. Dal ’43 per quattro anni la mia infanzia passò tra la neve invernale e il caldo torrido estivo. Alla fine del ’47 quando ci trasferimmo a Fregene, mio padre ebbe un invito da un industriale locale suo conoscente per amministrare la sua attività. Arrivammo il 22 gennaio 1948 in questo “paradiso terrestre”, così chiamava mio padre Fregene per il suo clima, essendo sempre vissuto al nord. Entrando a Fregene arrivammo fino a Piazzale del Lido, sulla destra uno chalet in legno con ristorante-bar chiamato “La Conchiglia”. Sulla sinistra c’era un cumulo di macerie e vetri, residuo dell’incursione bellica. Il tutto circondato da una “ubertosa pineta”, così la chiamava mio padre!”
Continua…