Ad anticipare il Natale e questo grazie ad una pianta molto particolare per caratteristiche botaniche, usi tradizionali, significati simbolici e per proprietà terapeutiche. Allora quando si esce di casa dopo pochi passi a piedi, oppure pochissime pedalate in bicicletta, trovato un varco in una recinzione, si può ammirare uno spettacolo di alta valenza ambientale. Il sottobosco è caratterizzato prevalentemente dalla pianta simbolo del Natale: il Pungitopo. È questo il nome volgare del Ruscus aculeatus L., meglio conosciuto come “Pungitopo”, un nome che deriva dall’usanza dei contadini di proteggere dai topi, con mazzetti di questa pianta, salumi e formaggi messi a stagionare nelle cantine; spesso viene chiamato anche Rusco pungitopo oppure semplicemente Ruscolo. Il nome Ruscus deriva forse dal sapore molto aspro delle bacche ed aculeatus dal fatto che le finte foglie terminano con un aculeo spinoso. Gli antichi romani lo usavano invece come talismano: credevano che piantandolo intorno alle case allontanasse i malefici.

Questa pianta, appartiene alla famiglia delle Liliaceae ed è originaria del bacino del Mediterraneo. È una pianta sempreverde, caratterizzata da numerose spine, che forma dei cespugli molto intricati di colore verde scuro alti anche un metro. Preferisce come possiamo osservare anche qui da noi, zone comunque ombreggiate o semi ombreggiate. Nonostante sia sotto gli occhi di tutti, durante le visite guidate che spesso conduco presso l’Oasi WWF di Macchiagrande, molti rimangono sorpresi e affascinati quando chiedo loro quali siano le foglie del pungitopo, oppure quando li invito a guardare dove è attaccato il frutto, che in questo caso specifico è una bacca, e ancor di più quando domando se conoscono una pianta con il frutto attaccato alla foglia. Invito i lettori a questo punto a recarsi presso la lecceta più vicina a loro e ad esaminare attentamente una pianta di Pungitopo: osserverete la pianta da vicino, con occhi diversi, da veri naturalisti! Noterete allora tante cose che prima d’ora non avreste mai immaginato!

Quelle che a prima vista sembrano delle foglie sono in realtà dei fusti modificati che in termini tecnici vengono detti “cladodi”: sono appiattiti e hanno sviluppato funzioni simili a quelli delle foglie, essendo anch’essi fotosintetici. La bacca di colore rosso vivo, sferica o leggermente schiacciata ai poli contenente uno o due semi, è attaccata sotto a questa “falsa foglia” che termina con un aculeo. Proprio cosi le “vere foglie” sono ridotte a piccole squame poste sulle “false foglie” e sono di colore rossastro-bianco, prive di clorofilla. A questo punto non c’è niente di strano, il frutto è attaccato al fusto! Alcune piante possono portare solo fiori femminili e altre solo fiori maschili: i fiori sono solitari e sono inseriti al centro della pagina inferiore dei cladodi.

Quello che forse in pochi sanno è che questa pianta, oltre ad avere delle caratteristiche botaniche molto particolari, possiede proprietà mediche non indifferenti, note fin dall’antichità. Ne parlava Plinio dicendo che il decotto di radici con il vino veniva usato per le infezioni renali; il Pungitopo si è rivelato avere proprietà diuretiche, sedative ed antinfiammatorie per le vie urinarie, effetti benefici nei confronti di calcoli renali, cistiti, gotta, artrite e reumatismi non articolari; è utile anche nella terapia delle vene varicose con un’azione vasocostrittrice esercitata soprattutto a livello dei capillari. Ha inoltre un’azione antinfiammatoria che agisce diminuendo la fragilità capillare e aumentando il tono della parete venosa favorendo quindi la circolazione del sangue: questo si traduce in una diminuzione della pesantezza e del gonfiore delle gambe. Esplica anche un effetto benefico nei confronti delle emorroidi e delle flebiti. Pianta molto utile per noi uomini, ma altrettanto utile per la salute del bosco e dell’intero ecosistema, all’interno dei quali svolge un ruolo fondamentale.

Purtroppo però poiché in molte regioni è considerato simbolo di buon augurio, specialmente durante il periodo natalizio, la sua raccolta indiscriminata a scopi ornamentali ma anche in campo medicinale ha fatto si che la specie sia diventata sempre più rara. Proprio per questo è stato tutelato da una legge Regionale ed è considerato ad oggi una specie di interesse comunitario compresa nell’elenco delle specie dell’Allegato E del D.P.R. 357/97 (Direttiva Habitat 92/43/CEE), che ne vieta assolutamente la sua raccolta in molte regioni italiane, compreso il Lazio.

Insomma, anche il Pungitopo ci insegna la sua morale: tutto quello che abbiamo intorno non è detto che debba essere ad uso esclusivo dell’uomo, soprattutto se a farne le spese è la natura che ci circonda.

di Riccardo Di Giuseppe – Naturalista, Responsabile Oasi WWF Macchiagrande