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«Una bambina dolcissima, un angioletto con le treccine nere – ripete  Mannocci – in poco meno di due anni aveva imparato bene l’italiano, era anche educata, gentile, una creatura unica. Si era integrata alla perfezione con i compagni e le volevano tutti bene». «La mamma era una donna minuta, carina, legatissima alle sue bambine», ricordano le insegnanti. Per quanto serena, Joana però aveva paura delle malattie. A scuola si faceva misurare spesso la temperatura, anche se poi non aveva mai la febbre e accusava piccoli dolori. La mamma l’aveva portata più volte dal medico che non aveva mai trovato niente. «Ha paura di morire», aveva commentato un giorno la madre. Una frase che adesso assume tutto un altro significato. Anche Bianca Lorena, la sorella di 8 anni di Joana, quella che “quando la guardavo avevo l’impressione di vedere papà”, andava a scuola a Maccarese ma alla Marchiafava, a qualche chilometro di distanza. «Sempre sorridente ma anche con un carattere piuttosto determinato – racconta l’insegnante Hilda Girardet – per quanto ben integrata era evidente che sentisse una profonda nostalgia della sua terra e anche dei nonni che, quando i suoi genitori erano venuti in Italia, l’avevano accudita». All’Albertini si ricordano bene anche della terza bambina morta in quella maledetta strada: Jessica Merlini, che avrebbe compiuto 15 anni a giugno. Adesso frequentava il primo anno del Liceo Leonardo Da Vinci, ma gli ultimi tre anni li aveva passati proprio in quella scuola media. «Un vulcano, sempre allegra, spiritosa – dice Elisabetta Ruffoni della segreteria – era coetanea di mia figlia e stavano spesso insieme». Esce dalla classe Valentina che sa della disgrazia. «Vale come era Jessica?», le chiede Elisabetta. «Bella, era belliss…» risponde la bambina, senza finire la frase per le lacrime. (Fabrizio Monaco)