Più la magistratura indaga, più vengono alla luce rimborsi d’oro. Non hanno un colore politico i presunti illeciti nell’amministrazione dei soldi pubblici. Adesso, infatti, a dover fare i conti con la giustizia sono esponenti del Partito Democratico. Primo fra tutti, il presidente pro tempore del Gruppo Pd alla Pisana, Esterino Montino, attualmente sindaco di Fiumicino, l’ex tesoriere e consigliere Mario Perilli, e l’attuale capo segreteria del sindaco di Roma Enzo Foschi, già consigliere regionale del Pd. Ma questi sono soltanto alcuni dei nomi che compaiono nel registro degli indagati della procura di Rieti, che sta indagando sulle spese del Gruppo regionale del Lazio del Partito democratico nell’anno 2011.
Dopo lo scandalo che ha travolto l’ex capogruppo Franco Fiorito (Pdl), il collega Vincenzo Maruccio (Idv), adesso nel mirino degli inquirenti, tra gli altri, c’è l’ex capogruppo Pd Montino. Insieme al suo nome nel «modello 21» della procura laziale compaiono una quindicina di indagati, accusati, a seconda delle posizioni processuali, di falso e peculato.
Si tratta di reati ipotizzati dai pm sempre per gli stessi motivi che hanno fatto finire nei guai i colleghi del centrodestra e dell’Idv: spese per pranzi e cene, acquisti di beni materiali che per i magistrati non sono riconducibili né a fini istituzionali, nè al mantenimento dei rapporti con gli elettori. Non solo. Gli indagati avrebbero anche alterato fatture e per aumentare i rimborsi o, in altri casi, per ottenere pagamenti non dovuti.
Insomma, per la procura di Rieti, anche questi vertici del Partito democratico avrebbero mangiato e comprato oggetti con i soldi dei contribuenti. E a mettere la lente d’ingrandimento sulle spese degli indagati, su delega della magistratura, la Guardia di Finanza, che ha esaminato tutte le carte che fanno riferimento al giro di denaro riferito ai rimborsi dei politici. In base a quanto accertato fino ad ora dalle Fiamme Gialle, nel 2011 il gruppo del Partito democratico ha percepito circa due milioni di euro. Denaro che si riferisce ai rimborsi spese che erano esentasse e ottenibili semplicemente presentando un’autocertificazione che ne attestasse l’impiego per mantenere il rapporto tra eletto ed elettore. Questi contributi erano concessi a patto che i capogruppi inviassero al Comitato regionale di controllo, entro il mese di febbraio, una relazione sulle spese sostenute nell’anno precedente, pena, in mancanza, la sospensione del contributo.
Gli inquirenti non hanno comunque terminato le indagini, poiché stanno ancora raccogliendo materiale utile ad accertare con esattezza quanti soldi siano stati utilizzati per spese pazze: la procura ha deciso di aprire un fascicolo processuale per falso e peculato dopo aver ricevuto un esposto nel quale si denunciavano illeciti”.

Augusto Parboni