Agli inizi del 1970 un bambino, Mirco Mencacci, si ferisce con un colpo di fucile e perde la vista. Costretto a frequentare le scuole per non vedenti, Mirco sviluppa la passione per il suono e nel tempo diventerà uno dei più grandi montatori cinematografici audio italiani. Questa storia realmente accaduta è un modo, per Cristiano Bortone, di mettere in luce sia le problematiche dei non vedenti, relegati a istituti differenziati, sia le capacità artistiche di un uomo che ha costruito un successo sulla diversità.Rosso come il cielo è un film dolce e aggressivo, critico e pieno di pathos, che non deve essere valutato per la messa in scena non particolarmente innovativa e degna di nota, ma per la poesia con cui il percorso di un uomo, segnato fin dall’infanzia, rappresenti un simbolo di reazione agli accadimenti della sua vita e del nostro paese. Lo spettatore è messo di fronte alla dura realtà, alla folle politica statale di considerare i ciechi, persone non abili ad avere un’esistenza al pari degli altri, e la denuncia, grazie a una grande direzione della fotografia, si fonde molto bene con l’essere dell’individuo, mantenendo l’equilibrio fra gli aspetti istituzionali e quelli umani e personali. Questa favola moderna, che ci ha regalato un grande artista, ha il grande pregio di essere svuotato da ogni retorica e da ogni elemento compassionevole, e quando le sequenze emozionano, lo fanno con grande tatto, senza alcuna gratuità, ascoltando semplicemente il cuore.