Un compito per niente semplice per la responsabilità dell’impegno e la vastità del territorio da controllare, da Anzio fino a Passoscuro. Eppure, in poco tempo con il suo stile sempre misurato ha già lasciato il segno. La sua reggenza, così come aveva promesso all’insediamento, si è subito distinta per concretezza e risultati. “Il bilancio finora è estremamente positivo – esordisce nel suo ufficio al piano terra di viale Traiano – fin dall’inizio ho dato ai miei uomini una indicazione molto chiara, quella di uscire dagli uffici, fare sopralluoghi, controllare il territorio”. E i risultati gli hanno dato ragione perché quei controlli hanno permesso di verificare tante situazioni anomale e di contenere gli effetti più negativi sul tema che sta più a cuore a Savarese: la questione ambientale e la salute dei cittadini.

Dai tanti controlli fatti su quella rete di canali e fossi che dal mare arriva fino a Roma è emersa la necessità di procedere ad una mappatura dei punti più sensibili per evitare criticità. “Ci siamo fatti una idea molto precisa – spiega Savarese – da tutta questa rete di canali l’acqua ritorna alla fine verso il mare. Così, in collaborazione con tutti i principali soggetti ed enti interessati, come il Consorzio di Bonifica, l’Acea, l’Arpa, abbiamo inteso esercitare un monitoraggio della situazione per avere un quadro reale e per scongiurare eventi anomali”. Un percorso non semplice, lungo, a volte macchinoso, ma l’unico possibile per evitare che chiunque si senta libero e impunito nello scaricare qualunque cosa in quelle acque.

Un altro importante filone della direzione di Savarese riguarda quello delle indagini di polizia amministrativa, anche in questo caso la priorità è la tutela generale della salute.

“Siamo intervenuti in aree degradate per rimuovere rifiuti tossici e pericolosi come l’eternit – riprende il capitano di vascello – nelle ultime settimane anche a Fiumicino nella zona di Pesce Luna proprio in riva al mare abbiamo raccolto tonnellate di materiale”. Interventi che si sono ripetuti ovunque lungo il litorale romano, fino ad Ardea e Pomezia.

Ma c’è un punto sul quale l’attenzione dei militari si è particolarmente concentrata, quella dei prodotti ittici della loro effettiva qualità che diventa una minaccia per la salute pubblica quando si perdono i requisiti essenziali di tracciabilità e freschezza. “Ormai è noto a tutti come nella Capitale per soddisfare la domanda di pesce che finisce sulle tavole si ricorra al 90% all’importazione dall’estero – chiarisce Savarese – diventa allora essenziale che questi prodotti siano sicuri, che si sappia da dove provengono e che siano conservati bene. Invece in tante occasioni abbiamo riscontrato irregolarità, pesce surgelato spacciato per fresco, merluzzi che erano tutte altre cose, merce chiaramente scaduta e deteriorata che continuava ad essere venduta. Un quadro preoccupante che induce ad intensificare i controlli”. Anche la moda del pesce crudo non è molte volte in sintonia con la sicurezza e l’igiene, pochi ristorante dispongono dell’abbattitore che garantisce, se il pesce è fresco, un consumo senza rischi. “Invito i cittadini a chiedere sempre la provenienza dei prodotti ittici prima di comprarli e di segnalarci i casi sospetti”, aggiunge il comandante.

E in uno dei tanti controlli nel quartiere Esquilino gli uomini di Savarese si sono imbattuti in un fenomeno curioso, diffuso nella comunità cinese, quello del “Body Fish”. Giovani spogliarelliste invitano i clienti a mangiare filetti crudi di pesce appoggiati – e consumati ovviamente – direttamente sul loro corpo.

Un’altra priorità della Capitaneria di Porto di Roma è quella della balneazione e delle sue modalità di attuazione. “Gli stabilimenti balneari hanno la fetta principale del mercato romano – spiega Savarese – ma in questo momento di difficoltà economiche è necessario garantire a tutti l’accesso al mare. Per questo le spiagge libere devono essere tutelate, bisogna cercare di mantenerne aperte in numero sufficiente. I Comuni devono preservarle e considerarle per quello che sono: un tesoro per la collettività. Del resto, il mare e la spiaggia sono un bene pubblico: nostro dovere e quello di difenderli come interesse comune”.