A inizio giugno, se non prima, per un nuovo intervento sulle linee telefoniche tra via Numana e viale Castellammare si è proceduto all’ennesimo scavo che ha richiesto la rimozione di parte del marciapiede in porfido. Un lavoro sicuramente urgente, al contrario di come è stato considerato il ripristino della pavimentazione, con il risultato di ritrovarsi ormai in piena estate con il marciapiede in queste condizioni. Sempre per problemi di cavi telefonici, circa due settimane fa si è invece intervenuto su viale Castellammare angolo via San Fruttuoso, un altro punto martoriato da continui scavi: anche qui, ricoperto il manto stradale, ci si è dimenticati di sistemare la pavimentazione. Se tante volte abbiamo messo nel mirino l’Acea per i ritardi e le modalità con cui vengono richiusi gli scavi, anche quelli della Telecom, o delle ditte che per loro conto eseguono i lavori, lasciano spesso molto a desiderare.  La domanda di fondo, però, in entrambi i casi è sempre lo stessa: se nell’autorizzazione di questi tipi d’intervento è prassi richiedere il ripristino delle condizioni antecedenti ai lavori, perché non si procede a dei controlli sui modi e tempi con cui poi vengono effettivamente eseguiti?

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