O meglio cosa spinge i ragazzi del Singita e anche un piccolo pezzetto della sua fantastica scenografia, tramonto escluso purtroppo (ma manca solo quello), a spostarsi in una location della Capitale?
La risposta è facile, uno degli eventi, ormai divenuto centrale nel panorama nazionale per gli appassionati di ciò che in gergo è definito “spirits” e che sta a indicare il mondo dei distillati di qualità e del mixology (arte di miscelare più spirits insieme uniti a succhi, estratti, sciroppi e liquori).
E c’era proprio tutto il mondo della produzione di rum all’evento e della Caçhaca, così è definito il distillato che si produce sempre dalla canna da zucchero in Brasile con una lavorazione un po’ differente.
L’argomento non è proprio di banale comprensione, infatti ho acquistato per studiare il libro “il mondo del rum” presentato per l’occasione di Leonardo Pinto e offerto in speciale sconto durante l’evento.
Proprio per voler super semplificare, non me ne vogliano male gli appassionati di rum, questo fantastico, profumato prodotto, versatile perché base dei cocktail forse più famosi del mondo, come il Cuba libre o il Mojito, si divide innanzitutto in due grandi “mondi”:
1) il rum agricole, seppur la denominazione non è riconosciuta in tutto il mondo, ottenuto direttamente dal puro succo fresco della canna da zucchero;
2) il rum ottenuto invece dalla lavorazione di melasse e/o sciroppi sempre realizzati con la canna da zucchero.
Il processo produttivo prevede una fermentazione di questa prima materia, quindi una distillazione che, per semplificare, può avvenire con un alambicco discontinuo, il procedimento più “storico” oppure in uno “a colonna”. Il prodotto ottenuto viene poi lasciato in una fase definita di “stasi” a riposare e per iniziare la maturazione, come per il vino. I rum scelti per maturare lo fanno spesso in botti non di primo passaggio, ma che regalano insieme alla maturazione stessa del prodotto carattere e sensazioni al risultato finale, si possono usare botti di cherry, di cognac, di whisky addirittura con piena libertà del produttore.
Insomma, questo per farvi solo “assaggiare” la complessità di un mondo che merita, a mio avviso, di essere scoperto e approfondito. E non è un caso se quest’anno il successo del pubblico è stato davvero elevato, soprattutto nella giornata di domenica. Molto l’interesse per gli appuntamenti gratuiti di approccio e di conoscenza offerti dagli espositori e anche per i seminari più tecnici del lunedì, frequentati invece agli operatori del settore.
Per raccontarvi velocemente il mio giro di assaggio, vi dirò che sono partita dal rum agricole, attirata più di tutti da una bellissima bottiglia turchese ho assaggiato TroisRiviere il Cuvée de L’Ocean, realizzato da una selezione delle barbabietole che crescono più vicine all’oceano e acquisiscono una lieve sapidità. Per poi girovagare tra i molti espositori e rimanere colpita dall’unico rum presente realizzato in Giappone, il Santa Maria, un po’ scioccata ho appreso che nella provincia di Okinawa la canna da zucchero cresce da sola, è un po’ più tozza di quella dei Caraibi, ma molto succosa e questi produttori giapponesi hanno scelto di convertire una parte della ipotizzata produzione di biocarburante in questo profumato prodotto da bere. La scelta è stata anche quella di realizzare un prodotto a basso contenuto di alcol, ma maggiore freschezza e nessuna invadenza dell’alcol ovviamente.
Spostandomi poi sui rum realizzati in maniera “classica”, cioè dalla melassa, ho potuto gustare il rum Angostura, distillato in alambicco a colonna e maturato a seconda della tipologia e della durata dell’invecchiamento in botti di ex-Bourbon, ex-Cherry ed ex Porto. Mentre scoprivo che il loro bitter, estratto amaro di migliaia di erbe, è il più famoso e amato dai barman di mezzo mondo, che il loro rum è davvero… tutto quello che ti aspetti da un rum… e che il nuovo nato sul mercato è un loro amaro, sullo stile degli amari italiani un po’ più alcolico. Max La Rosa, brand ambassador e appassionato del rum, mi ha poi regalato una sfiziosa ricetta di un tiramisù da lui rivisitato con il bitter Angostura: wow!
Nel mio girovagare ho poi incontrato l’unico produttore presente di rum made in Italy: R74 dall’Alto Adige. Il loro rum, prodotto da melassa selezionata nella versione invecchiata 3 anni, ha un delizioso e originale profumo di pera grazie alla maturazione in botti che ospitano appunto i distillati di pera Williams Roner, il più famoso e storico tra i loro prodotti di questo tipo in Italia. Molto curiosa l’immagine scelta per il rum: un gallo cedrone albino molto raro, uccello tipico elegante e pregiato.
La mia tarda mattinata è terminata in un bel pomeriggio inoltrato, seduta sul letto con i veli bianchi del Singita on the road, davvero un percorso interessantissimo; tante suggestioni, profumi, odori, un mondo che vorrò di certo scoprire e approfondire e per il quale mi auguro di aver fatto venire anche a voi cari lettori un po’ di curiosità… Aspettando showRum2019!

di Rossella Angius