Se Fiumicino ha dimostrato massima apertura per le Unioni Civili, altri Comuni d’Italia hanno messo più di un paletto per celebrare un simile avvenimento. Unioni civili senza fascia tricolore, senza scambio di fedi e solo in una sala del municipio chiusa al pubblico. Sono queste, ad esempio, le linee guida che il comune di Finale Emilia, in provincia di Modena, si è dato dopo l’approvazione della legge Cirinnà, che ha introdotto in Italia un primo riconoscimento delle coppie omosessuali. Dunque niente cerimonie, applausi da parte degli amici, riso e bouquet. Il sindaco di centrodestra Sandro Palazzi si difende, parla di “mere indicazioni di massima” e denuncia “un incredibile attacco premeditato nei confronti del sottoscritto e della nuova amministrazione voluta dagli elettori, che a stragrande maggioranza hanno voluto un cambio epocale nel Comune di Finale Emilia”. Tuttavia stando almeno a quanto riportato da un documento redatto dagli uffici comunali del servizio demografico, per le unioni civili “non è prevista una forma di celebrazione, ma solo una dichiarazione”. Insomma la legge c’è, ma la strada per unirsi in molti casi è tortuosa.