Il 5 ottobre la Corte Suprema ha depositato in Cancelleria la sentenza, quattro paginette fitte fitte di formule giuridiche che di fatto non entrano nel merito della querelle. Disponendo semplicemente il dissequestro delle ville per due delle nove società che si erano viste porre i sigilli dal Tribunale di Civitavecchia nell’ottobre del 2009. Si tratta della Edilfregene 2006 Srl e della Cuma 6 Srl, titolari di 17 immobili dei 44 in totale sequestrati. Il collegio della Terza Sezione Penale, presieduto da Pierluigi Onorato, ha chiarito “l’assenza di ogni potere conoscitivo circa il fondamento dell’accusa, potere questo riservato al giudice del procedimento principale. Il Tribunale quindi non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sulla esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro”. E a questo proposito conclude, accogliendo il ricorso dei ricorrenti, che “non esistono esigenze di cautela idonee a giustificare il disposto sequestro, non ravvisandosi il pericolo di una reale compromissione degli interessi tutelati dalla norma incriminatrice che possa concretamente correlarsi al libero uso della cosa pertinente l’illecito penale”. Pertanto la Corte dispone l’annullamento dell’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Civitavecchia e ordina la “restituzione di quanto in sequestro agli aventi diritto”. Punto e non a capo, perché riguardo alla questione della legittimità delle autorizzazioni a costruire, tutto resta come prima. Seconda l’accusa, entrando nel merito, sul lungomare i permessi edificatori sarebbe stati rilasciati in violazione della legge. Autorizzazioni concesse dal Comune in regime di sub-delega, mentre la competenza del rilascio sarebbe spettata alla Regione. Non sfiorando la Corte la sub-delega, il punto nevralgico della questione, bisognerà aspettare il processo per capire come finirà tutta la storia? Del resto la Cassazione nella sentenza chiarisce che “ulteriori approfondimenti spettano ai giudici di merito”. In questo caso campa cavallo! Se bisognerà attendere i vari gradi di giudizio, con i tempi attuali dei processi, la Convenzione rischia di essere già morta e sepolta. E con essa la riqualificazione di Fregene, visto che il piano urbanistico affida integralmente alle società convenzionate le opere di urbanizzazione mancanti. La si può pensare nei modi più diversi riguardo alla edificazione sulla Lente. Ma certamente questa convenzione con i Federici appare una autentica maledizione. Dopo oltre 50 anni di ritardi, ci ritroviamo da capo con una località prigioniera di una lottizzazione partita negli anni ’60. Cambiano i protagonisti, ma non la sostanza, in ostaggio, ieri come oggi, ci sono sempre i cittadini.