Al mattino da qualche giorno, qui al Villaggio dei Pescatori, si respira una brezza da terra frizzante: ti provoca un brivido e, allo stesso tempo, ti si rizzano i peli delle braccia. Cammino nel bosco dietro la mia casetta, tra i vialetti si sente il profumo della resina dei pini striscianti; intorno i ginepri, mentre ciuffi di aghi di pino spuntano mostrando il verde sgargiante che sfuma sul chiaro verso le punte; tra poco fioriranno lasciando il giallo polline volare fino alla spiaggia nei giorni di tramontana forte.

“Il mare deve essere calmo stamattina”, penso, non sento il fragore delle onde; arrivo fino al fiume seguendo gli stradelli che portano verso la foce dell’Arrone. Del nostro ‘Fiume’ mi piace tanto quella zona che ingloba anche la sua foce, dove siamo soliti andare a pescare; qui entrano pesci dal mare soprattutto quando ci sono mareggiate e a volte ne prendiamo di belli. Quel pezzo di spiaggia tra i l fiume e il mare è magico, è un luogo quasi sacro per noi che ci siamo cresciuti e che, ormai da anni, passiamo tutta l’estate al Villaggio dei Pescatori. Lillo, il mio amico a quattro zampe, è un mezzo cocker un po’ tozzo, di taglia media e di colore fulvo (così hanno scritto sul suo libretto medico, mai sentito prima il colore ‘fulvo’… mah!); quindi dicevo che Lillo sta correndo come sempre fino a calarsi in acqua attraversando il fiume per poi sparire nella sponda fitta di cannucce. Si sente solo il fruscio del suo cercare frenetico. Proseguo la passeggiata mattutina dopo aver scrutato per bene la foce per capire se c’è qualche pesce in giro; si vedono scie di branchetti di pesci piccoli che sfiorano il bagnasciuga, ogni tanto saltano scappando o da qualche spigoletta o da qualche piccola leccia.

Il bagnasciuga è morbido e camminando i piedi affondano nella rena; da lontano vedo le barche dei pescatori tirate parecchio su, penso che entrerà un po’ di vento e il mare si alzerà in giornata.

Mentre pedalo in bici verso il circolo, al Miraggio il vento si comincia a far sentire; si muovono già le piante e le punte degli alberi, viene da SE, è scirocco, ce l’ho in faccia e rallenta la mia corsa. Giunto al circolo, apro il cancello di ferro che abbiamo fatto fare dal fabbro di zona del ‘cantiere’, scorrevole e sicuro. La lunga fila di pitosfori piantati a bordo muro del confine con il Glauco stanno crescendo bene grazie alle nostre cure. La porta della segreteria si apre e subito si sentono gli squilli del nostro telefono collegato alla segreteria telefonica al numero 6680958; una volta viste le condizioni meteo, registro questo messaggio: “Buongiorno a Todos los Windsurfieros, oggi 10 giugno sono le ore 11 e a Fregene tira già un bel vento di scirocco, raffiche di 15 nodi sono sempre più costanti e in aumento con onde di mezzo metro in aumento, cielo lievemente nuvoloso con una temperatura di 22 gradi; vi aspettiamo per godere di questa bella giornata insieme: hasta la vista!” Apro la serranda del tunnel dove rimettiamo le tavole, a destra c’è una piccola zona laboratorio dove Umberto crea e ripara le tavole. Camminando da destra a sinistra sono appoggiate una settantina di tavole di tutti i generi, lunghe con deriva per i venti leggeri e le regate e corte da wave, le cosiddette ‘plancette’, per quando le condizioni si fanno toste e il mare aumenta. La serranda a mare si apre verso l’interno basculando verso il tetto, ogni volta che la apro ricordo la mia iniziazione col maestro Claudio Berardi.

Verso la riva già la sabbia comincia a spostarsi spinta dal vento. In spiaggia poca gente, le bandiere sventolano suonando musica per le nostre orecchie. Preparo la mia vela che ho appena comprato al negozio di Pupi, Pacittone il benzinaio; una vela nuova, mi ha fatto un bel prezzo, 5.3 North Sails la misura sarà giusta per iniziare. Mentre armo la vela, ecco Francesco Caruso che, dato il suo lavoro di doppiatore, ha sempre parecchio tempo libero ed è uno dei primi ad arrivare. Anche lui arma la 5.5 e sfodera la sua tavola dalla sacca controllando bene pinna e strap. Sono le 11,30 e il vento è già aumentato raggiungendo i 18 nodi; aggiorno la segreteria telefonica e lesto mi cambio: pantaloncini e mutino. Pronti davanti alla riva io e Francesco affrontiamo i primi frangenti sfoderando saltini e strambate sotto la vela. Arrivano pian piano anche gli altri: il ‘Peppinella’ è tutto agitato e arma in tutta fretta e subito si aggiunge alla festa, di seguito Luca ‘Panino’, Claudio ‘Smith’, Luigi ‘Pisellino’; alle 12 arriva anche Umberto che vuole provare la sua nuova 260 Cugas ‘todem’ disegnata in maniera eccellente da Brunella Nonnato, la mia cara amichetta. Arriva anche Gianfranco Masciolini con la sua tavola ‘Local Motion’ importata dalle Hawaii: è il proprietario di ‘Windsurfing Store’, uno dei negozi di windsurf nati a partire dal 1980. Poco dopo arriva di corsa Roberto Corsini, ancora vestito da lavoro, in fretta e furia si aggiunge al gruppo armando la sua 5 metri; anche Fabio Carafa cammina lesto verso lo spogliatoio, ha un sorriso a 40 denti che gli spunta dal viso. C’è andirivieni nel tunnel delle tavole; si armeggia per preparare le attrezzature adatte al vento di scirocco che aumenta verso l’ora di pranzo oltre i 25 nodi. Opto per un cambio vela, la 4.7 andrà meglio, ormai la 5.3 la reggo a fatica. Anche gli altri cambiano la vela, c’è un gran daffare. Nel frattempo le onde sono aumentate fino ad un metro di altezza e sono diventate rampe di lancio per salti di tutti i tipi: ‘high jump’, ‘cheeseroll’, ‘aerial jibe’. Fuori, al largo, l’acqua rilascia il classico ‘puzzo di Tevere’, un misto di sapone e cloro; il color del mare è di un verdastro marrone, le creste spruzzate dal vento accentuano l’odore. Ogni tanto pezzi di plastica galleggiano trasportati dalla corrente, se riesco ad acchiapparne qualcuno me lo metto incastrato sotto al neoprene delle gambe del mutino. Noi Surfieri, appena capita l’occasione, facciamo pulizia del mare come della spiaggia; siamo consapevoli di navigare in acque non troppo pulite, ma questo è il nostro mare, lo amiamo, ci siamo cresciuti.

Da qualche tempo non vedo più Alberto circolare presso il Miraggio club, ci deve essere stato qualcosa che lo ha fatto allontanare. Probabilmente una situazione familiare complicata da affrontare: capita anche nelle migliori famiglie, forse anche di più che nelle peggiori famiglie. La condivisione di spazi con il Miraggio Disco è ancora vivibile: hanno fatto una copertura tra i muri della discoteca e gli spogliatoi del circolo e hanno aperto una nuova porta per l’evacuazione in caso di incendio della discoteca, proprio in mezzo alla scritta che avevamo finito da poco. Il piano di sopra del nuovo capannone sarà adibito ad abitazione; credo che Alberto si sposti lì; al di sotto c’è un ampio salone che per adesso è rimasto magazzino, ma presto verrà utilizzato chissà in che modo.

Le serate del sabato siamo lì a vigilare i nostri spazi e le nostre attrezzature veliche e allo stesso tempo controlliamo che non entrino i ‘portoghesi’ che cercano di scavalcare i muri di recinzione per entrare nella discoteca senza pagare. C’è un casino di gente e c’è fila al parcheggio dal quale si alza la polvere degli ‘agitati’ che, in tutta fretta, arrivano da Roma e dintorni.

Abbiamo bisogno di ampliare lo spogliatoio, ormai lo spazio è diventato troppo piccolo per la gente che abbiamo; contattiamo Giuseppe Simeoni detto ‘il Cacciatore’ abitante del Villaggio che è un mastro muratore e, proprio quando la musica dalla disco inizia a suonare, accendiamo la molazza: la musica ad alto volume confonde il rumore della ruota che gira.

Con il ‘passamano’ scarichiamo i mattoni dalle macchine per tirare su i muri: la nottata si fa laboriosa e l’allegra ‘combriccola’ formata da amici e soci riesce a finire i perimetri del futuro nuovo spogliatoio proprio mentre, al di là del muro, la gente balla e si diverte. Il nuovo spogliatoio sarà completo di tre docce e abbiamo anche studiato un angolo dove lasciare le mute bagnate a scolare. Il tetto lo faremo quando tutti saranno andati via posando pali di castagno e tavole di legno; sopra metteremo la guaina e delle lastre di ondulato in cemento. In una nottata il nuovo spogliatoio è fatto, grazie a un forte sforzo di aggregazione. Poi ci sarà da lavorare all’interno; costruiremo un bagno e metteremo piastrelle nelle ampie docce, sarà una bella innovazione e i soci ne saranno entusiasti.

A casetta, al 131 di via Silvi Marina, si respira l’arrivo dell’estate; le macchine nei fine settimana intasano le vie a tal punto che se dovesse passare un’ambulanza sarebbe un bel problema. La spiaggia al mattino presto è soltanto dei pescatori, che puliscono i tramagli chiacchierando animatamente. Armando Micco, con abilità, libera i pesci e le mazzancolle dalle reti, dividendole nei differenti secchi. Anche gli altri pescatori sono intenti a preparare le barche e uscire in mare per pescare le telline; in fondo è la pesca più facile, basta uscire un paio di centinaia di metri, buttare un’ancora dalla prua della barca e recuperare il cavo d’acciaio che trascinerà la barca in avanti insieme ai due grossi rastrelli al lato di poppa dei gozzi. Fregene è famosa per le sue telline, lo spaghetto lo trovi in tutti i ristoranti e il commercio di questi tipici frutti di mare fa la gioia proprio di tutti.

Come scalda l’aria in spiaggia arrivano per prime le mamme con i bambini, poi pian piano anche gli altri residenti estivi. Alcune case nel periodo estivo vengono affittate quindi c’è sempre gente nuova mista ai residenti fissi.

Le lezioni di windsurf e vela al club vanno bene; va meglio anche l’affluenza di nuovi soci e si è consolidata una bella ‘comunità surfiera’; siamo il solo circolo velico a Fregene e prendiamo tutti quelli che si vogliono avvicinare agli sport acquatici compresi i Windsurfieri che vogliono lasciare la loro attrezzatura al rimessaggio per comodità. L’atmosfera al Miraggio non è più come prima, c’è tensione nell’aria, per fortuna che siamo alquanto distaccati dal resto dello stabilimento, viviamo una nostra realtà separata e più di tanto non ci tocca. Umberto si sta impegnando per creare nuove tavole e incrementare le entrate così da poter tirar fuori uno stipendio, ma il mercato offre tanto ed è difficile rimanere a galla.

L’estate passa veloce, a fine stagione ci sono sempre i campionati italiani della classe Windsurfer ai quali non vogliamo mancare. L’atmosfera della classe è divertente e tanti sono gli amici con i quali dividiamo la passione; anche qui ci sono ‘personaggi’ di ogni genere. Dai soliti veterani, Frascari, i fratelli Thermes, Barone, Cristofori Marco e Simona, Laura Gorgerino, Pacittino Luca, ai miei ‘compari’ Luigi Sanna e Claudio Pavia e ai tanti altri che si aggiungono ogni anno. A volte facciamo partenze con 200 tavole e dopo le regate ci sono le cene in lunghe tavolate dove non mancano i pezzi di pane che volano tra una fila e l’altra. Con Ettore Thermes e Luca Pacitto una sera ci siamo divertiti a scherzare con Petra una ragazza del lago di Caldaro; scherzando, scherzando l’abbiamo messa in mezzo, tastate e risate hanno risuonato in tutta la baia di San Vito lo Capo tra i fumi (anche dell’alcool). Al mattino bisogna fare i conti con la notte brava e in mare non si scherza; le gambe sono semiaddormentate e la testa tra le nuvole, fare la regata di ‘long distance’ non sarà cosa facile. Sulla spiaggia a destra della baia sono schierate un paio di centinaia di tavole; appena prima della partenza c’è fermento, il sole siculo ci abbraccia con il suo calore in una atmosfera giocosa e divertente. Più in là Alberto Diaz con la sua bellissima fidanzata sembra intenzionato alla vittoria, ma non è il solo, siamo tutti alquanto agguerriti, in acqua non si fanno sconti.

Si accenna ad un allineamento sulla spiaggia dove le tavole devono essere sistemate in maniera che nessuno venga troppo avvantaggiato; ecco finalmente la bandiera rossa che indica i 3 minuti, segue la verde del minuto, c’è fermento, qualcuno accenna un piccolo avanzamento, pronti… via!!! Una marea colorata lascia la riva tra grida e urla per poi allungarsi fino alla punta del Capo quando la flotta si è già sparpagliata formando un lunga fila. Un ora di ‘pumping’ e bordi a incrociare fino a doppiare la boa del ritorno; si conclude con un lungo bordo di lasco per tagliare finalmente il traguardo sulla suggestiva spiaggia di S. Vito dove una discreta folla accoglie con urla e applausi l’arrivo di tutti i concorrenti. Esausti e felici per aver dato tutto il possibile ci buttiamo in acqua per il rituale tuffo comune. Penso, ‘che bello essere qui…’ sorrido alla vita!