Dopo il campionato italiano di S. Vito lo Capo, smaltiti i dolori alle mani provocati dalle vesciche causate da ore e ore in acqua stringendo il boma, le serate brave con qualche birra in più, i dolori alle braccia e le varie contusioni agli stinchi dovuti all’ultima prova di freestyle per cercare di mettere la tavola di taglio, si ritorna a casa.
È un pomeriggio di fine estate al Villaggio dei Pescatori, c’è ancora parecchia gente in giro, il sole cala lentamente sotto l’orizzonte lasciando strisce di grigio in uno sfondo arancio. Il cancelletto di legno della mia casetta, aprendolo, scricchiola; qualcuno ci abbaia dietro, è Lillo che agitando il suo mozzicone di coda mi saluta a suo modo strusciandosi e saltandomi sulle gambe con le zampe e rotolandosi per terra. Mia mamma esce dalla porta con il suo caratteristico sorriso, si sente il profumo delle melanzane alla parmigiana provenire dalla cucina.
Butto il sacco dei vestiti per terra nella mia cameretta togliendomi la maglietta del campionato sudaticcia e sporca dei giorni di viaggio in nave e treno. Una doccia stupenda mi dà la forza appena sufficiente per gustare la cenetta tra racconti e ultime news. Mio padre ha le mani sporche di vernice verde; deve aver pitturato tutto intorno per passare il tempo… sarà tutto verde in giro, quando ha un barattolo di vernice in mano non lo molla finché non ne vede il fondo, verniciando dello stesso colore tutto quello che gli capita sottomano.
Presto mi cala la palpebra e, mentre ascolto musica brasiliana, mi addormento lasciandomi totalmente prendere dai miei sogni di spiagge meravigliose con acqua cristallina, frutta esotica, ragazze e ritmi di samba.
Al mattino presto sono sulla riva di un mare calmissimo con Lillo che gironzola tra la barca di Pietro Tamburrino e quella di Beditto Micco annusando e sgranocchiando qualche pesce secco tolto dalla rete mezzo mangiucchiato dalle pulci di mare di qualche giorno prima. Arriva anche Marcello Mastroianni che abita lì vicino alla bottega di alimentari di Marcello Tucciarone ed esordisce con il suo classico sorriso salutando amichevolmente tutta la “Cricca dei Pescatori” che ricambiano con enfasi.
Nei loro discorsi i Pescatori usano il tipico dialetto minturnese; offrono una chilata di pannocchie a Marcello mentre Armandone Micco gli consiglia come cucinarle, “Vedrai Marce’ che te lecc e baff”, tra le vespe che gironzolano intorno in cerca di un pezzo di pesce da tagliarsi.
Parlano poi della scarsità di pesce di qualità: ci sono “tutte sardone” che sarebbero poi grosse sarde poco commerciabili che finiscono quasi sempre restituite al mare per la gioia dei granchi locali e di piccoli pesci. Le mazzancolle dovrebbero già essere passate, ma nella rete bassa ne abbiamo trovate un chilo soltanto: in 5 pezzi di rete da 60 metri l’uno solo un chilo, è una micragna.
Il pomeriggio al Miraggio Club la situazione è tranquilla; faccio un giro negli spogliatoi ancora da pulire, i bagni lo stesso, la segretaria ora lavora solo nei fine settimana. Gli squilli del telefono del circolo 6680958 si alternano a momenti di registrazione e annunci. Rinfresco il messaggio meteo: “Buon giorno dal Fregene Vela Club, oggi 28 agosto alle 10 il mare è una tavola, il vento leggero da est, aspettiamo il classico ponente pomeridiano e… buona giornata Hermanos!!!”
Mentre spazzo il tunnel delle tavole ascolto Bob Dylan in ‘blowing in the wind’; il tunnel è lungo almeno un centinaio di metri, ci saranno almeno una cinquantina di tavole sparse qua e là, le vele arrotolate, alcune frettolosamente altre ben sistemate. Apro la serranda a mare facendo scorrere il vento da SW che già sta girando con lo scaldarsi della mattinata. Qui in giro sembra ci sia aria di cambiamento; vedo girare un ‘personaggio’ nuovo, un certo Romeo, che con aria da boss si siede al tavolo del ristorante del Miraggio. Susanna mi presenta a lui, sembra essere un imprenditore di origini arabe ma ben ambientato nel sistema lavorativo italiano. A dire il vero non si capisce poi bene cosa faccia di preciso, ma a noi poco importa. Nei giorni a seguire la situazione della gestione del circolo viene monitorata da quest’uomo al quale piace dare consigli e direttive su come è meglio fare dal suo punto di vista. Dal momento che ancora mi occupo delle lezioni di nuoto, mi chiede se posso fare turni di salvataggio in piscina; certo non posso dire di no, quindi cerco di accontentarlo ritagliandomi orari pomeridiani fino alla chiusura della vasca. Un ragazzino fa casino e grida correndo intorno alla piscina, lo ammonisco più di una volta, poi perdendo la pazienza, vado lì, lo tiro su per le braccia e lo scuoto un po’, ricordandogli di non correre intorno alla piscina e non gridare. Sembra aver capito il ragazzino: ora rimane più calmo sotto il sole cocente di fine agosto.
Il giorno dopo sono preso nel sistemare alcune attrezzature lasciate lì senza essere sciacquate, tiro fuori la vela dalla rimessa portandola nel piazzale per lavarla. Nello stesso momento entra un uomo ben piazzato che cammina diretto verso il circolo; incontrando un socio gli chiede: “chi è Claudio?” Il socio indica verso di me, l’energumeno mi si avvicina e mi spara uno schiaffone a tradimento dicendo: “Questo è per quello che
hai fatto a mio figlio ieri in piscina, non ti permettere più di mettere le mani addosso a Matteo!”, soddisfatto lui, sorpreso io, se ne va senza dire una sola parola in più. Certo ragionandoci sopra non aveva tutti i torti, ma che ragazzino maleducato, dovrebbe essere istruito meglio su come ci si comporta in un luogo pubblico. La manata in faccia mi ha lasciato di stucco; strano, di solito reagisco.
Il giorno dopo, c’è ancora mare mosso e do un’occhiata al campo boe che usiamo per avere accesso in mare, un corridoio immaginario delimitato da gavitelli color arancio ogni 20 metri fino ai 200 metri dalla riva dove, in pratica, inizia lo spazio navigabile e finisce quello balneabile. Questi sono tutti spostati e alcuni addirittura hanno scarrocciato verso nord, piantandosi sotto un metro di sabbia; non c’è verso di tirarli fuori, bisogna tagliare la cima lasciando la lastra di cemento lì insabbiata, come il mare si calmerà cercherò di sistemarli, per ora recupero i gavitelli prima che si perdano o cambino padrone. Do una sciacquata un po’ a tutto cominciando con le barche che hanno attaccato sopra tutto il salmastro sparato dal mare in questi giorni; una melma marrone esce anche dalle sartie dei catamarani, il segno della schiuma marrone sugli scafi si toglie a fatica. La serranda è completamente ricoperta di melma salmastra che sciacquandola lascia sulla sabbia una pozza di schiuma marroncina.
Al Villaggio dei Pescatori la giornata è calma, i pescatori anche loro sono indaffarati a sistemare le bacinelle delle reti semi sommerse dalla sabbia, lavano le barche e sistemano le cime sciacquandole dal salmastro attaccato. I villeggianti sono quasi tutti tornati in città, non ho lezioni per oggi, anche perché il mare è ancora troppo mosso e le due in programma sono state posticipate di un paio di giorni. Una volta sistemato il circolo me ne ritorno a casa per un pranzetto. Mia mamma ha comprato un po’ di telline, lo spaghetto è magico, e come esce dalle sue esperte mani è una delizia da godere.
Dopo pranzo sdraiato sul letto, sto già pensando di programmare il viaggio invernale: mi sa che tornerò a Boracay dove il vento è assicurato e il mio modesto budget può essere sufficiente. Penso che porterò un paio di tavole, forse tre: una wave 250, una speed 270 e uno slalom 270. So che ogni anno la scuola di windsurf di Richie organizza una regata a Bulabog, dove dovrebbe essere divertente partecipare. Il prezzo del biglietto aereo è di circa un milione e duecento mila lire: mi rimangono 3 di milioni di lire per sopravvivere da qui alla prossima stagione estiva. Ma comunque ancora è presto per pensarci, anche se è bene fare piani ora per meglio organizzarmi.
Sta arrivando una bella mareggiata da SW la ‘libecciata’, il cielo dà i segni e il mare comincia già a innervosirsi. Durante la notte le tapparelle della camera dove dormo fischiano e sbattono al ritmo delle raffiche di vento. Lillo sale sul letto appoggiandosi dietro alla mia schiena. Rimaniamo lì vicini ascoltando il canto del mare portato dal vento, la siepe che confina il giardino sbatacchia come un corvo impazzito.
Al mattino non vedo l’ora di andare a vedere lo spettacolo della mareggiata, un vento oltre i 30 nodi spara spruzzi di acqua di mare fino alle case più vicine. La sabbia bagnata scavata dal libeccio forma linee sinuose, alcuni granelli volano insieme alla salsedine attaccandosi dove trovano ostacoli; è tutto cosparso di un velo appiccicoso salmastro. Con Lillo facciamo un veloce sopralluogo, giusto il tempo di fare i suoi bisognini e siamo già a casa per una ricca colazione; dovrò accumulare energie per questa impegnativa giornata.
Sono già al Miraggio davanti al cancello del circolo Fregene Vela Club Lungomare di Ponente, entrando nella stanza della segreteria lascio un messaggio: “Buenas dias Hermanos windsurfiero, qui oggi c’è una bella mareggiata da libeccio, pane per i denti di chi sa masticarla, raffiche di 30 nodi e oltre già alle 11 del mattino. Accorrete in fretta, che il gioco di fa tosto oggi… e andiamoooo!!!”
Arrivano Claudio Smith e Pietro Pacitto, armiamo le 4.5 e le plancette da wave più radicali che abbiamo, io per l’occasione sfilo dalla sacca la mia nuova asimmetrica 260 fatta dal mitico Fabio Gini che ha voluto firmare con una grafica del tutto simbolica, una stella cometa dalla prua alla poppa asimmetrica a scirocco. Pietro e Claudio usano i loro 250 più piccoli; appena pronti usciamo facendo bordi lungo la linea della riva per prendere dimestichezza e regolare bene la vela. Intanto da nord lungo la riva ecco che arriva Pino Azzarito da Passoscuro; è venuto fin qui per uscire in compagnia. Nel frattempo, Pietro alla seconda secca surfa delle onde di due metri alternando salti mega. Allo stesso tempo Claudio ed io lo seguiamo eguagliando manovre con salti mega e strambate sul lip delle onde. Effettuo un salto in alto e provo un cheese roll ma atterro malamente con il torace sul boma. Una bella botta, ho un po’ di dolore, esco per capire se continuare o fermarmi così. Non è poi così forte, riesco fuori cercando di raggiungere Pino che vedo provare salti ignoranti e surfate radicali, lui è famoso per la sua irruenza che lo porta spesso a rompere tavole e alberi. Nel frattempo, si è formato un gruppetto di gente sulla riva davanti alla spiaggia del FVC, sono windsurfers non molto esperti e clienti del Miraggio che assistono allo spettacolo gratuito offerto. Con un salto in alto Pietro corre per 20 metri verso la riva rischiando di atterrare sulla battigia. Arriva qualcuno in divisa dall’entroterra, è la Capitaneria di Porto locale che ci ordina di uscire dall’acqua per questioni di sicurezza. Costretti a ritirarci, tiriamo su le tavole aspettando che i marinai se ne vadano via per poi riprendere la nostra giostra. All’una il vento ha raggiunto raffiche di 50 nodi e siamo costretti a mettere su le vele più piccole, io ho una 4 metri quasi nuova, anche Pietro monta la sua 3.8 e Claudio la 4.0, mentre Pino continua a resistere con la sua 4.5 con la sua ignoranza e forza. Gli spruzzi delle onde ci accecano per qualche istante, il fragore del mare ci rimbomba nelle orecchie, siamo alla seconda secca dove ogni tanto spariamo dietro alle montagne d’acqua, le velette colorate viaggiano veloci come farfalle in un prato fiorito, lisciando le onde e saltando davanti ad ogni grosso ostacolo, stacchi di dieci metri con atterraggi più o meno fluidi. È importante in queste condizioni cercare di non perdere troppo la velocità per poter affrontare la prossima onda spesso molto vicina e che potrebbe risultare letale per una frullata. Le frullate sono sempre fonte di stordimento per il windsurfer e probabile rottura di alberi e attrezzature varie. Un giorno, in una giornata di forte scirocco, riuscii a rompere tre alberi.
Alle 15 siamo quasi tutti cotti, il vento sembra cedere un po’ tornando sui 30 nodi, Marina Cavalcaselle si accinge ad uscire, siamo un po’ preoccupati, ma la teniamo d’occhio. Con il suo aspetto piccolo Marina è rinomata come una “guerriera” ha parecchia resistenza e forza per la sua statura, rimane in sicurezza lungo la costa facendo su e giù per almeno un’oretta buona.
Alle 16.30 siamo tutti rientrati, Pino ci ha salutato con un saltone e la mano alzata, e noi riportiamo le tavole e le vele nella rimessa, le sciacqueremo poi, oggi c’è ancora troppa buriana.
Nello spogliatoio dopo una doccia calda i commenti, le risate, le facce contente… l’adrenalina nel sangue scorre dandoci il senso di brio che più ci piace.
Ci incamminiamo verso il Bar delle Sirene: chi ha fame, chi vuole un tè caldo; il nostro Bar di sempre dove cambiano i gestori, ma l’atmosfera è sempre quella di un tempo, il jukebox suona la canzone di Bob Marley ‘Stop train! I’m leaving…’ Mi godo una pizzetta prosciutto cotto e formaggio e un peroncino seduto al tavolo del bar, mentre scattano i primi racconti dei momenti della giornata: i marinai che sono venuti a farci uscire dall’acqua, il vento fotonico oltre i 50 nodi, le schiume che volavano fino agli edifici spinte dal libeccio ignorante, i saltoni di 10 metri quando non atterravi mai e guardando in giù faceva una certa impressione.
Che giornata… con gli occhi arrossati dagli spruzzi dell’acqua di mare sparata a gran velocità e la smorfia di gioia che ci accomuna per aver condiviso quello che per noi è stato uno dei giorni più epici e indimenticabili.