L’elemento di novità, che costituisce il cardine di questo processo, è la determinazione della famiglia Benetton, che controlla Gemina attraverso Edizione srl con il 30,23%, di rilevare le quote degli altri azionisti del patto di sindacato interessati a uscire dal capitale. E questi non sono pochi: non tanto perché ritengano che nel lungo periodo il business degli scali non possa decollare, quanto perché sono alle prese con problemi finanziari o intendono concentrarsi sul core business. Gli unici, al momento, che assieme a Benetton sono determinati a crescere o, comunque, a restare sono lo scalo di Singapore Changi (già socio con il 5,19%) e Pierluigi Toti, che possiede il 12,2% fuori dal patto.
Lo stallo sull’aggiornamento del piano di tariffario di Adr, sul quale negoziano da lungo tempo la società e l’Enac ma su cui incombe una specie di veto silente del ministero per l’Economia (che non si fida troppo delle promesse dei privati sugli investimenti da fare), sembra non spaventare la famiglia di Ponzano Veneto. Fiumicino è il primo aeroporto italiano, sul piatto è stato messo un piano di investimenti da 3,6 miliardi in dieci anni, e prima o poi – è il ragionamento – il governo dovrà fare i conti con l’urgenza del suo rilancio anche in vista delle Olimpiadi 2020. Senza parlare del nuovo aeroporto in progettazione a Viterbo.
Anche Toti (ha un posto nei cda di Gemina e di Adr), che ha dismesso quasi tutti i gioielli immobiliari per risanare i conti, è convinto che Adr sia una carta su cui scommettere. Changi, dal canto suo, ci crede a tal punto che è entrato nel capitale, ha implementato il piano di sviluppo dello scalo romano e da qualche mese ha intavolato, assistito da Nomura, colloqui con i rappresentanti del gruppo Premafin-Fondiaria Sai perché vorrebbe comprare la loro quota del 4,19 per cento. Il negoziato, però, è in una fase di stallo: in realtà il gruppo di Salvatore Ligresti non ha problemi di minusvalenze, perché il titolo a bilancio 2009 era in carico a un valore medio di 0,57 euro (35 milioni) allineato ai prezzi di mercato. Il punto, piuttosto, è che Ligresti avrebbe chiesto una clausola di earn out, ovvero la possibilità di avere un conguaglio rispetto ai valori di vendita entro un certo periodo di tempo, forse nell’eventualità che le azioni riprendano quota. In alternativa, una vendita con un’opzione call per riacquistare eventualmente la quota. Ma su questi punti la posizione di Changi sarebbe alquanto rigida. I Benetton seguono con attenzione l’evoluzione di questi negoziati, ma si muovono con cautela perché non vogliono mettersi in concorrenza con Changi e far salire il prezzo del pacchetto Ligresti. Lo scalo di Singapore, comunque, ha dichiarato di voler salire al 10% di Gemina, ma secondo rumors non confermati potrebbe essere già al 7% se non oltre. La famiglia di Ponzano, nel frattempo, non ha perso tempo e ha preso contatti con un altro azionista del patto, la cui quota è ballerina da tempo. Fassina Partecipazioni detiene l’1,57% ma sta pensando di vendere: per ora gli abboccamenti tra i due gruppi sono serviti perché i Benetton dimostrassero la loro disponibilità a comprare. In prospettiva si potrebbero aprire altre opportunità: Generali sta avviando una riflessione su tutte le partecipazioni azionarie. Il gruppo presieduto da Cesare Geronzi ritiene che la quota detenuta in Gemina, pari al 3,61% del capitale, non sia più strategica e dunque, nel tempo, sia destinata alla vendita. Quando questo possa avvenire non è facile a dirsi: ma è probabile che quando questo accadrà sia all’interno di un’operazione, per così dire, di sistema. Secondo alcuni, ad esempio, potrebbe entrare accanto agli altri soci finanziari, come Mediobanca, che ha il 12,56%, e di UniCredit, che ha il 3,41%, anche Intesa Sanpaolo, gruppo sempre più impegnato nel settore delle infrastrutture. Anche se il gruppo guidato da Corrado Passera esclude qualsiasi contatto in tal senso. In ogni caso i pacchetti in vendita rasenterebbero il 10% del capitale, che il compratore potrebbe aggiudicarsi spendendo, alle quotazioni attuali, circa 90 milioni di euro. (Il Sole 24 Ore)