“Questo ‘gioco’ della Blue Whale è la manipolazione che conduce alla morte. La manipolazione di menti deviate su ragazzini non ancora strutturati”. Il gioco del suicidio è una bomba esplosa in quest’ultimo periodo in Italia, dove si indaga su circa 120 segnalazioni. Ma come si devono comportare i genitori in questi casi? “Bisogna stare molto attenti – spiega Maria Cristina Passanante, psicologa specialista in psicologia giuridica – e cogliere ogni segnale. Contestualizzare senza però creare oppressione ed inutili allarmismi. Ma questo lo si fa conoscendo realmente i propri figli, le loro abitudini quotidiane. Osservare se sopraggiungono dei cambiamenti anche relazionali come diventare più isolati, se sono più attaccati al cellulare o se sono più ansiosi. Quindi per capire se un figlio si è cacciato nei guai sul web -prosegue Maria Cristina Passanante – incastrandosi in situazioni pericolose bisogna banalmente osservare la tipologia dei contenuti che il ragazzo pubblica. E se si ha il reale sospetto che il proprio figlio possa essere coinvolto in un gioco macabro -avverte – è importantissimo rivolgersi alla polizia postale e a degli specialisti che sapranno maneggiare l’oceano di dolore e sofferenze che porta con se l’adolescente.
Blue Whale, conosciuto anche come ‘gruppo del suicidio’ o ‘gruppo della morte’, è gestito da soggetti con la mente deviata. E’ gente malata e distorta che si approfitta delle fragilità adolescenziali con l’obiettivo di adescare i giovani, entrare nella loro testa per plagiarli e manipolare i loro pensieri”.
Non è molto difficile farlo se come nel recente caso di Sara, la quindicenne di Fiumicino, ci si trova davanti una ragazzina sofferente e fragile da un punto di vista emotivo. “La solitudine di una generazione di adolescenti, costantemente connessa su social network, app, chat di messaggistica istantanea – prosegue – crea solo una serie di giovani vulnerabili, carichi di conflitti ed insicurezze”.
Attraverso l’autolesionismo “spesso i ragazzi manifestano forti disagi e sofferenze della vita”. “Farsi del male attraverso il gioco – conclude Passanante – è visto dagli adolescenti come unica soluzione per alleviare il dolore e le sofferenze della vita, è come volerle dare un senso. Per trovare conforto. Perché vogliono morire e hanno bisogno di consensi, approvazione e rinforzo. Un adolescente che fa azioni lesive si sente estremamente solo ed invisibile agli occhi degli altri. Dei genitori per prima cosa, distratti o troppo presi dal lavoro o dal bisogno di vivere la loro vita per accorgersi del dolore del figlio. E quindi il ragazzino tenta di sentirsi esistere tramite il bruciore della ferita, cercando anche di lanciare un segnale di allarme”.
Intanto a Fiumicino, dove è esploso uno dei casi di Blue Whale, il comune e la polizia locale proseguono gli incontri nelle scuole di tutto il territorio per informare gli alunni sul reale pericolo del fenomeno.

Francesca Procopio