Nuovo appuntamento con Cinema x Noi e la rassegna cinematografica “Buena Vista Cine Club” organizzata dall’associazione L’Albero. Venerdì 2 febbraio alle ore 21.00 nella Sala Convegni della Casa della Partecipazione, in via del Buttero 3 a Maccarese ci sarà la proiezione del film “Little sister” di Kore’eda Hirokazu.
Ingresso libero.

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SCHEDA FILM

Un film di Kore’eda Hirokazu. Con Haruka Ayase, Masami Nagasawa, Kaho, Suzu Hirose, Ryo Kase Titolo originale Umimachi Diary. Drammatico, durata 128 min. – Giappone 2015 – Bim Distribuzione

Con la sensibilità che lo contraddistingue, Kore-Eda entra nell’universo femminile in punta di piedi

Nella cittadina di Kamakura vivono tre sorelle (Sachi, Yoshino e Chika) il cui padre le ha lasciate da 15 anni per iniziare una nuova convivenza. In occasione del suo funerale le ragazze fanno la conoscenza della sorellastra adolescente Suzu che accetta volentieri l’invito ad andare a vivere con loro.
Hirokazu Kore-eda in questa occasione ha avuto come punto di riferimento la graphic novel “Umimachi’s Diary” di cui ha conservato l’impianto di fondo riservandosi però, con il consenso dell’autore Yoshida Akimi, la più ampia libertà di rilettura. Ha così focalizzato il racconto non solo sulla giovanissima Suzu ma anche sulla più adulta delle sorelle, Sachi. Con la sensibilità che lo contraddistingue entra in questo universo femminile in punta di piedi ma la sua attenzione nei confronti delle protagoniste sa leggere dentro i tormenti che il tempo talvolta lenisce e talaltra rende più acuti e dolorosi.
Il sorriso di Suzu nasconde risentimenti che solo un’occasionale ubriacatura rende espliciti mentre l’apparente rigidità di Sachi trae origine non solo dall’abbandono paterno vissuto ad un’età in cui era presente la consapevolezza di quanto stava accadendo ma anche dal conflitto con l’irrisolta figura materna nei confronti della quale prova un sentimento di rifiuto. Da infermiera, tenuta al contempo a non farsi troppo coinvolgere dalle morti dei pazienti ma anche incapace di accettarle come routine professionale, Saichi cerca di proteggere le sorelle e se stessa dai sentimenti che vede come un pericolo a causa della loro instabilità e del dolore che possono procurare agli altri. In un liquore di prugne fatto in casa finisce con il condensarsi quasi simbolicamente il senso del film. Il passare del tempo ne modifica il sapore e la trasparenza. È quanto accade a molti di noi con sentimenti che ritenevamo a torto immutabili e che invece si trasformano sia in senso positivo che negativo. L’indumento offerto alla sorella più liberata così come il kimono d’estate regalato alla sorella acquisita diventano allora per Sachi segni di una possibile riapertura al sentire sempre meno vincolata a un passato di profonda sofferenza. Grazie anche a Suzu, ancora capace di farsi travolgere dalla bellezza dei ciliegi in fiore.

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SCHEDA REGISTA

Kore’eda Hirokazu, 55 anni, 6 Giugno 1962, Tokyo (Giappone)

Regista, produttore, sceneggiatore e montatore giapponese, che si è legato ai temi sociali del suicidio e dell’esistenzialismo con solida rassegnazione e coraggio, lasciando attoniti spettatori e critica che rimangono in preda delle sue domande per tutta la durata della pellicola. Abilissimo nella macchina da presa, la usa in maniera memorabile per ricreare uno stile audio-visivo contemplativo e intimista.
La carriera di documentarista
Hirokazu Koreeda nasce il 6 giugno 1962, a Tokyo. Dopo aver studiato all’Università di Waseda, decide di fare lo scrittore, ma non incontrando il successo sperato, lavora prima come assistente documentarista e poi come documentarista per l’emittente televisiva Man Union, firmando principalmente opere legate al sociale o al cinema come Shikashi (1991), incentrato su un caso di suicidio di un funzionario governativo, Eiga ga jidai o utsusutoki – Hou Hsiao-hsien to Edward Yang (1993) sui registi taiwanesi Hou Hsiao-hsien ed Edward Yang e Kare no inai hachigatsu ga (1994), un diario audiovisivo di un malato di AIDS.
Il debutto cinematografico
Il debutto nei film a soggetto, avviene subito dopo queste esperienze con la trasposizione della novella omonima di Teru Miyamoto Maboroshi no hikari (1995), legato al tema del suicidio e che viene definito dalla critica un film “difficile da comprendere” proprio perché trova il suo senso in un tipo di cultura che è diametralmente opposta alla nostra e che è molto più introspettiva.
Wandafuru raifu
Il suo film successivo è Wandafuru raifu, dove si fa più nitido il suo stile, definito un mix di Hou Hsiao-Hsien e Tsai Ming-liang, e dove ancora una volta si esplora il ruolo della morte e il suo confine con la vita. Partendo da un assunto paranormale (i nuovi deceduti vengono accolti in un ufficio dove, assieme a dei consulenti, devono scegliere i momenti più importanti della loro vita così da farne un film e poter essere ammessi al paradiso), Koreeda cerca di indagare sulla memoria e sulle esistenze umane.
Distance
Nel 2001, dirige invece Distance, dove ritorna ai casi di suicidio (vera e propria piaga della società giapponese), narrando le conseguenze del suicidio di massa da parte degli adepti di un culto religioso ispirato a quello di Aum Shinrikyo, che divenne noto in tutto il mondo dopo la strage nella metropolitana di Tokyo il 20 marzo 1995. Ancora una volta, Koreeda sfrutta al massimo uno stile audiovisivo contemplativo, per denudare Tokyo del suo vestito metropolitano e per mostrarcela come un agglomerato urbano angusto e indifferente ai bisogni affettivi dell’uomo.
Nessuno lo sa
Di seguito, dirige il cupo Nessuno lo sa, basato su un tragico fatto di cronaca su quattro fratelli, cresciuti nascosti alla società, ma abbandonati poi dalla madre. Il film stupisce lo spettatore per la meraviglia con la quale il regista racconta un’innocenza pura che, a contatto con il mondo, genera terrore ed euforia, ma che è naturalmente costretta ad andare incontro all’orrore.
Il primo film in costume
Nel 2006, esce Hana yori mo naho, il suo primo film di costume affiliato al sottogenere giapponese dello jidai geki (pellicole di samurai, contadini, fabbri, mercanti e con duelli a fil di lama)
Still Walking
Ritornerà a uno stile più intimista con il dramma familiare Still Walking (2008), che raccontava il ritorno a casa di due fratelli dopo la commemorazione funebre di un terzo fratello, deceduto quindici anni prima. Ritorno che non è esente da vecchi nervosismi ancora vivi fra genitori e figli. A questo, si unisce l’originale e divertente trasposizione del manga omonimo “Kûki ningyô”, storia di una bambola gonfiabile che prende vita e che pur essendo un film molto leggero, non è esule dall’affrontare i soliti film che sono una tematica principale del cinema di Koreeda (la vita, la morte, il piacere che può diventare mortale).
Il successo di Father and Son
Uno dei suoi film più conosciuti, anche e soprattutto in occidente, è Father and Son (2013) che vince, al Festival di Cannes, il Premio della Giuria e il Premio Ecumenico della Giuria, per aver analizzato con estrema introspezione la complessa figura di un uomo che deve diventare padre. È, senza dubbio, il capolavoro della sua carriera da cineasta. Fra commozione e senso di tenerezza, lo spettatore e il critico cinematografico si trovano di fronte a un dilemma che è semplice ed eppure difficile nella sua semplicità: chi è il vero padre, l’uomo che ti ha messo al mondo o quello che ti aiuta a stare al mondo? Ripercorrendo la storia di un uomo che scopre, dopo anni, che suo figlio è stato scambiato nella culla da un’infermiera, non appena venuto al mondo, attraversiamo tutte le fasi della costruzione di una consapevolezza genitoriale che si nutre di emozioni, turbamenti, insistenze logiche. Accusato di essere troppo lento e stereotipato, il film è comunque applaudito.
Umimachi Diary
Nel 2014, tenta di rinnovare il suo successo con Little Sister, dove un padre che aveva abbandonato la famiglia, muore e le sue figlie vengono a contatto con la nuova famiglia da lui creata e, in particolare, con la loro sorellastra. Due anni dopo porta al Festival di Cannes la potente storia di famiglia e legami di After the Storm.