Nella splendida cornice di Villa Bianca a Fregene, messa a disposizione da Mary Ellen Sikabonyi, si è svolto un incontro straordinario. Quattro donne indiane partite da Delhi hanno percorso 18mila chilometri, fermandosi di volta in volta in tantissimi Paesi: Nepal, Cina, Kazakistan, Ubekistan, Turchia, Bulgaria, Slovenia… tante frontiere attraversate per giungere anche a Venezia e da lì arrivare a Roma. Mary Ellen ha potuto organizzare l’incontro in quanto Villa Bianca è un Happiness Center dell’Art of Living dove si fanno i corsi Happiness Program, questo ha permesso il contatto con il movimento delle donne indiane.
L’ultima tappa del viaggio sarà Londra dove queste donne coraggiosissime avranno compiuto la loro missione: far conoscere il progetto “Mothers on Wheels out to Heal the World”. Una di loro inizia a parlare in inglese e Mary Ellen fa da interprete. Definisce una “missione magica” quella che stanno intraprendendo. Usa questo termine perché lo scopo è di far guarire il mondo dalla violenza e l’unica forza speciale che può questo miracolo è l’amore di una madre che si collega cuore a cuore con il figlio. La preparazione delle generazioni future è in mano alle donne in virtù di questo collegamento. Quando un figlio lontano racconta alla madre cosa gli è successo, lei con il cuore lo ha già “visto”. Questo sentire è unico e così speciale che non deve spezzarsi altrimenti il figlio non sarà protetto dal rischio di perdersi nel male della vita. Con tale premessa la donna indiana procede a esaminare la sua società che, da un lato ha permesso alla donna di emanciparsi attraverso il lavoro fuori casa, dall’atro ne ha dovuto constatare le conseguenze non sempre positive. La necessità di contribuire al ménage familiare per allinearsi agli standard della vita odierna, decisamente diversa dalla precedente dove la mamma stava a casa e aveva tempo di seguire personalmente la crescita dei figli, le ha procurato un grande stress al punto di non essere più in grado di guidare la loro evoluzione. Gli occhi della donna indiana si illuminano mentre parla del diritto da parte di un figlio di vedere il volto più bello della madre e del padre. Il ritorno dal lavoro offre solo visi stanchi e poca attenzione ai problemi dei ragazzi alle prese con una realtà molto pericolosa. Il padre durante il giorno ha lavorato sodo ed ha diritto al suo tè, anche la mamma, al lavoro dalla mattina presto, torna la sera talmente stanca da non riuscire a essere disponibile a soddisfare le richieste legittime del figlio che vuole conferme, consigli, spiegazioniper diventare il futuro di se stesso e della società. Il ruolo della donna nel processo educativo è indispensabile e irrinunciabile. Le donne indiane vogliono essere essenzialmente madri per guidare e tutelare la propria famiglia anche dal ritorno a casa di un padre stanco e ubriaco che picchia la moglie o abusa dei figli. Nella loro storia non si era mai raggiunto un livello così preoccupante. Da qui la necessità da parte di queste volontarie di studiare il fenomeno e di confrontarsi con gli altri paesi del mondo, capire come crescere le future generazioni ascoltando altre madri e riportare in India. Anche la nostra visione è stato il punto fermo di questo viaggio e Marina, presente all’incontro, pone la domanda su quale sia il ruolo dell’uomo nel contesto familiare e come può essere utilizzata la sua figura. La risposta è molto articolata, si parte dalla storia di un paese come l’India esteso, popolatissimo, evoluto sotto certi aspetti e sotto altri ancora alle prese con codici e regole comportamentali che nei paesi europei sono stati superati o rifiutati da tempo in nome della democrazia, della libertà e dell’indipendenza. L’uomo, il marito indiano ha il ruolo di garantire la sicurezza alla donna e alla famiglia, un ruolo essenzialmente economico e sociale, quindi spesso il matrimonio è un affare interno tra loro. La figura del Guru ha soppiantato quella del padre, è lui ad assumersi il compito di trasmettere i buoni valori al bambino. Dunque come crescere i figli? La donna indiana ammette che il processo di emancipazione è arrivato molto dopo rispetto alle donne occidentali e ora anche loro si trovano a fare i conti con due lavori: fuori e dentro casa. Anche sotto latitudini diverse, seppure per alcune prima o per altre dopo, il problema più drammatico delle donne è scegliere tra famiglia e lavoro, scelta che potrebbe essere meno complicata e sofferta se lo Stato intervenisse con politiche familiari adeguate. Marina ribadisce che la donna italiana vuole la condivisione dei compiti, la conduzione familiare non deve essere di genere: uomo e donna hanno le stesse responsabilità e uguale impegno familiare.
Sono del parere che la donna sotto qualsiasi latitudine dimostra un grande coraggio, una grande forza, un grande amore, una grande responsabilità e vince sicuramente, nonostante le difficoltà in virtù del filo diretto con il cuore dei suoi figli.Tutte le donne sono portatrici di un mistero o magia: dare la vita. Noi donne abbiamo imparato l’arte del sopravvivere, abbiamo scoperto confini remoti, abbiamo mostrato la nostra voce. Ci siamo opposte alle forze distruttive del mondo e tutto questo per quel concentrato d’amore che portiamo dentro di noi.
Alla fine dell’incontro tra le presenti e le ospiti c’è stato un grande e significativo abbraccio: l’unione fa la forza. Foto, filmini, registrazioni, tutto da portare in giro per il mondo con quella loro macchina sponsorizzata da una società petrolifera ma che si avvale anche del loro contributo personale. Un progetto che non può non piacere dal momento che parla di libertà e pace, valori essenziali all’umanità.

Delfina Ducci