“Er mi’ Medeo…”. Con questa forma dialettale la signora Emilia chiamava il marito in una comune conversazione. Amedeo, piuttosto basso, già anziano, scarponi importanti aveva un incedere lento ma costante. All’epoca di Michele Cerato di Breganze, primo imprenditore urbanista di Fregene, collaborò alla neonata sistemazione della rete elettrica della località come addetto della Società Romana di Elettricità (SRE). Subentrata la Banca d’Italia allo sfortunato tentativo del Cerato, svolse anche la mansione di guardiano in un vasto territorio caratterizzato da una vegetazione fitta e impenetrabile. Lo incontravi spesso lungo le improbabili strade sabbiose con i ramponi attaccati al manubrio della bicicletta che servivano per arrampicarsi sui pali della luce, allora di legno, per sostituire le lampadine dell’illuminazione cittadina (sic!) che le fionde infallibili dei ragazzini rompevano quotidianamente. Brontolando eseguiva l’intervento fino alla sommità del palo, anche rivolto alle “chicchere”, (così chiamate forse perché somigliavano a tazze rovesciate), i famosi isolatori elettrici che facevano anche loro una impietosa fine sotto i colpi degli infallibili “cecchini”. Questo era uno degli adempimenti che svolgeva, sempre a cavallo della sua bicicletta, per quei tempi unico inseparabile mezzo di locomozione. Un pioniere che con la sua onestà e umiltà ha contribuito a mantenere integro quel piccolo centro per due generazioni, facendoci vivere in una dimensione che oggi possiamo solo immaginare. E come un rito quotidiano la sera tardi prima del rientro, a conclusione della giornata lavorativa, acquistava all’edicola il Momento sera, giornale oggi solo online, ma allora veicolo di informazione serale con il Paese sera e Il Giornale d’Italia. Un grande insegnamento di vita, fatto di cose semplici, che ci dovrebbero far riflettere per recuperare almeno il piacere di quella sana atmosfera.

Tizio Pratibelli