In occasione dell’apertura di Casetta Macchia Sacra, nuovo spazio espositivo immerso tra le colline boscose dell’omonima riserva, a ridosso del Castello di Torre in Pietra, inaugura la mostra Dieci Amori, a cura di Sandro Polo.

L’esposizione segna la nascita di questa galleria indipendente, allestita all’interno di un piccolo casale dismesso, intriso di storia e memoria, ora luogo di ricerca e promozione artistica. I tre vani presenti nella Casetta sono stati affidati a Elisa Majnoni, Enrico Borghini ed Elizabeth Frolet, che li hanno reinterpretati secondo una visione personale e poetica, ispirandosi alle molteplici forme dell’amore, così come elaborate nella cultura dell’antica Grecia.

Ciascun artista ha trasformato il proprio spazio in un’esperienza intima e immersiva, esplorando dieci delle molteplici declinazioni del sentimento amoroso: eros, philia, agape, pragma, philautia, mania, charis, pothos, thelema e anteros.

Elizabeth Frolet, per la sua installazione, ha invitato a collaborare l’artista Francesco Pellisari, mentre Elisa Majnoni ha dato vita a un’opera corale coinvolgendo oltre venti artisti: Emiliano Auriemma, Evelyne Baly, Fiamma Benvignati, Paolo Bielli, Francesca Boschetti, Thierry Bouffeteau, Thibaud Bouffeteau, Silvana Chiozza, Gabriele De Marco, Areta Gambaro, Marzia Gandini, Anita Guerra, Susanne Kessler, Marcella Latorre, Fausto Maxia, Susanna Micozzi, Flavia Mitolo, Mahshid Moussavi, Gaia Olivieri, Nora Pastore, Paola Pastore, Giulia Ripandelli, Alessandro Violi, Cecilia Vitiello.

La mostra sarà visitabile ogni domenica mattina, dalle ore 10.00 alle 12.00, fino al 29 giugno.

Su prenotazione, contattando il numero 339 3904360.

Casetta Macchia Sacra si trova di fronte all’ingresso dell’Osteria dell’Elefante, presso il Castello di Torre in Pietra (inserire “Osteria dell’Elefante” su Google Maps come destinazione).

Si ringraziano, a vario titolo, per il sostegno e la collaborazione:
Castello di Torre in Pietra, Cantina del Castello di Torre in Pietra, Osteria dell’Elefante, Biblioteca Gino Pallotta, Areta Gambaro, Riccardo Ferrari, Stefano Pirandello, Laura Tonon.

I tre ambienti dei dieci amori

L’altro sono io

Elisa Majnoni

con la partecipazione di: Emiliano Auriemma, Evelyne Baly, Fiamma Benvignati, Paolo Bielli, Francesca Boschetti, Thierry Bouffeteau, Thibaud Bouffeteau, Silvana Chiozza, Gabriele De Marco, Areta Gambaro, Marzia Gandini, Anita Guerra, Susanne Kessler, Marcella Latorre, , Fausto Maxia, Susanna Micozzi, Mahshid Moussavi, Flavia Mitolo, Gaia Olivieri, Nora Pastore, Paola Pastore, Giulia Ripandelli, Alessandro Violi, Cecilia Vitiello.

Spogliato del portoncino e della finestra, l’ingresso della Casetta viene trasformato da Elisa Majnoni in un’installazione visionaria dal titolo L’altro sono io. Alcune sedie vuote disposte nella stanza evocano una improbabile sala d’aspetto dall’atmosfera disorientante. Le pareti sono avvolte da grandi fogli di carta sovrapposti, i cui lembi inferiori, non essendo fissati, risultano liberi di accartocciarsi e oscillare nell’aria, come se fossero fragili elementi lamellari di un organismo vivo, in costante mutazione. Su queste superfici irregolari, l’artista ha ritagliato rettangoli che, in parte, svelano dettagli e memorie dei vecchi muri sottostanti, ready made accuditi, si potrebbe dire, e in parte accolgono piccole opere prestate da artisti amici: cammei sentimentali e luminosi, scintille di volontà creativa. Il verdeggiante prato che ricopre il pavimento del piccolo ambiente conferisce all’installazione una sospensione magrittiana, virata però dall’odore dell’erba e dalla morbidezza che avvolge i nostri passi. “Ciò che è fuori è dentro, ciò che è dentro viene fuori, il basso è l’alto e viceversa. È grazie all’altro che sono di più”, afferma l’artista in un’intervista, sottolineando il senso di apertura e di condivisione che permea questo lavoro.

Sant’Amore

Enrico Borghini

Entrando nello spazio concepito da Enrico Borghini, si ha la sensazione di penetrare in un universo dove i segni e gli oggetti del passato si ricompongono in un nuovo ordine simbolico sospeso tra mito, attualità e giocosa ironia. A dominare la scena è la grande installazione intitolata Sant’Amore: un altare laico, composto da due tavolacci sovrapposti, rinvenuti nel giardino della Casetta, sul quale sono ordinate cinque file di dipinti incolonnati, realizzati con rettangoli di legno ottenuti dal taglio di alcune vecchie palanche. Una sorta di retablo contemporaneo, di polittico evocativo, intessuto di pitture dal sapore primitivo, quasi liturgico, che richiamano l’immaginario mediterraneo, popolare e rurale.  L’intera ricerca artistica di Borghini è attraversata dai giochi tra parole e immagini, come nell’opera Cuore ricompensato, in cui un grande cuore viene composto con frammenti scartati di compensati colorati. Un altro lavoro colpisce per la sua ieratica essenzialità: la pelle consunta di un divano bianco abbandonato, stesa come un sudario su una parete della galleria, ospita una costellazione di oggetti-reliquie. Tra questi, il bacino osseo di un cavallo, i resti lignei di una poltrona dismessa e alcuni rami spinosi danno forma a una composizione austera, intrisa di sacralità e inquietudine.  Un’araldica del quotidiano che sublima lo scarto e l’oblio in simboli di resistenza poetica, come testimoniano anche i materiali utilizzati per l’installazione nel giardino, che rimanda alle infiorate delle festività religiose, ai mandala orientali e alle sublimi decorazioni cosmatesche.

 “Se d’arder e d’amor io non mi stanco

Elizabeth Frolet

con la partecipazione di Francesco Pellisari

Attraverso il vetro di una porta, nell’ingresso dell’abitazione, si intravede la stanza allestita da Elizabeth Frolet, un ambiente sospeso tra memoria e sogno. Le tendine alle finestre, appartenute agli ultimi inquilini dell’appartamento, filtrano la luce naturale, avvolgendo la stanza in una penombra delicata.  Al centro dello spazio, la scultura sospesa di Francesco Pellisari, diffonde suoni soffusi, creando un’atmosfera di mistero e introspezione.  La luminosità tenue è animata da piccole fiammelle poste su quattro sculture circolari in terracotta, appese alle pareti, evidente richiamo alla sacralità degli antichi oscilla romani. Le intense espressioni dei volti rappresentati su questi tondi arricchiscono lo spazio di un’aura di attesa, testimoniata dalla presenza di un altro lavoro dal titolo evocativo: Il maestro di cerimonie. Tutte le opere presenti nell’ambiente sembrano partecipare al rito amoroso che l’artista ha raffigurato con il carboncino direttamente sul grande muro di sinistra, rappresentante un uomo e una donna distesi, stretti in un abbraccio, su uno sfondo vibrante di rami intrecciati a strofe poetiche. Sono le rime struggenti che danno il titolo alla stanza, scritte da Gaspara Stampa, poetessa veneta del XVI secolo, che dedicò quasi interamente la sua breve esistenza all’intenso tema dell’amore. Il segno potente e carico di espressività con cui Frolet tratteggia l’immagine dà vita a un affresco emotivo complesso, un invito alla riflessione sulle molteplici sfaccettature, talvolta contraddittorie, del sentimento amoroso.

Gaspara Stampa, Rime d’amore/LIII

Se d’arder e d’amar io non mi stanco,

anzi crescermi ognor questo e quel sento,

e di questo e di quello io non mi pento,

come Amor sa, che mi sta sempre al fianco,

     onde avien che la speme ognor vien manco,

da me sparendo come nebbia al vento,

la speme, che ’l mio cor può far contento,

senza cui non si vive, e non vissi anco?

     Nel mezzo del mio cor spesso mi dice

un’incognita téma: — O miserella,

non fia ’l tuo stato gran tempo felice;

     ché fra non molto poría sparir quella

luce degli occhi tuoi vera beatrice,

ed ogni gioia tua sparir con ella.