Come funziona l’osmosi inversa?

Capire il funzionamento dell’osmosi inversa è impossibile se prima non si fa riferimento all’osmosi: quest’ultima corrisponde a un fenomeno naturale attraverso il quale sia le piante che gli animali hanno la possibilità di regolare la pressione delle cellule in virtù della membrana semipermeabile che le caratterizza. La semipermeabilità fa sì che essa sia permeabile all’acqua e non alle proteine, agli zuccheri e ai sali disciolti. In sostanza, l’osmosi si verifica tutte le volte che una membrana semipermeabile separa due soluzioni acquose che contengono concentrazioni saline differenti: in una circostanza di questo tipo, l’acqua passa in modo spontaneo dalla soluzione meno concentrata alla soluzione meno diluita, fino a quando da entrambe le parti non si ha la medesima salinità. La pressione osmotica non è altro che la pressione che ne deriva: il suo valore è tanto più alto quanto più significativa è la differenza tra le concentrazioni saline iniziali.

L’osmosi inversa

Chiarito che cos’è l’osmosi, a questo punto è più facile capire di che cosa si parla quando si fa riferimento all’osmosi inversa. Il procedimento appena descritto, infatti, può essere invertito nel momento in cui si esercita una contropressione che è maggiore della pressione osmotica. Per arrivare all’osmosi inversa possono essere richieste pressioni di esercizio notevoli. Per le acque di rete, per esempio, i valori oscillano sui 10 bar, e lo stesso dicasi per le acque debolmente salmastre, ma essi sono ancora più alti per l’acqua di mare, nell’ordine delle decine di atmosfere. Il principio che contraddistingue l’osmosi inversa è proprio questo, vale a dire il passaggio tramite una membrana semipermeabile dell’acqua in un senso contrario a quello naturale. In questo modo non si ottengono due soluzioni con lo stesso grado di salinità, ma – al contrario – una soluzione con una concentrazione salina elevata e una soluzione con una concentrazione salina molto diluita.

L’osmosi inversa e le tecnologie moderne

Il mercato attuale, in virtù delle tecnologie più evolute, mette a disposizione un ricco e variegato assortimento di impianti a osmosi inversa, che si fanno apprezzare non solo per la loro efficienza, ma anche per la loro compattezza: vi si può ricorrere, per esempio, per rendere migliore la qualità delle acque di rete comuni, o per rendere potabili le acque che si caratterizzano per una concentrazione di sali e di inquinanti molto elevata. La tecnologia dell’osmosi inversa, inoltre, garantisce dei vantaggi più che significativi anche nel momento in cui l’acqua di rete non è eccellente anche se potabile: è ciò che si verifica per le acque di falda in cui si riscontra una concentrazione elevata di antiparassitari, di diserbanti, di nitrati o di altri inquinanti che non sarebbero facilmente removibili se si scegliesse di usare tecnologie differenti. Per la maggior parte delle acque di rete, ad ogni modo, il trattamento che viene assicurato dall’osmosi inversa è perfino sovrabbondante, dal momento che in genere c’è bisogno unicamente di un affinamento dei caratteri organolettici.

L’azione della membrana osmotica

Come si è visto, dunque, l’osmosi inversa è un processo a membrana attraverso il quale è possibile rimuovere la maggior parte delle sostanze presenti in acqua, a prescindere dal fatto che esse vi si trovino disciolte o sospese. La separazione si verifica attraverso dei meccanismi di dissoluzione e di diffusione: è per questo motivo che l’azione di una membrana osmotica non è unicamente di tipo meccanico. Le membrane di solito sono classificate a seconda delle dimensioni, indicate in pollici, oltre che in base alla capacità di produzione, che viene espressa in galloni al giorno. Il contenuto salino dell’acqua, invece, prende il nome di residuo fisso.