Archiviata via Bottai — proposta da Rutelli —, Alemanno vagheggia via Almirante; la comunità ebraica protesta, donna Assunta scende in campo: «Mio marito degli ebrei era amico!». E a Fregene si discute da anni se intitolare una via al gerarca Ettore Muti, che finora aveva dato (da morto) il nome solo a una banda di torturatori: il sindaco Udc la vuole, e la Margherita l’ha sostenuto perché ha litigato con i Ds per una questione di parcheggi. C’è una discussione sulla storia, benefica perché libera le vicende da incrostazioni retoriche e idee ricevute. E c’è un litigio continuo che della ricerca storica è deformazione e parodia, ma serve agli amministratori per evitare questioni reali, rinfocolare passioni sopite, e finire sui giornali. Come se la politica avesse abdicato alla rappresentanza, per limitarsi alla rappresentazione: in cui le parole non sono conseguenza delle cose, ma fiati di voci. Attivissimo il sindaco di Verona Tosi, già distintosi per aver tolto dal Comune il ritratto di Napolitano. La sua maggioranza dedica una via a Nicola Pasetto, già consigliere comunale missino e deputato di An, per aver «lasciato una traccia indelebile in favore della nostra città», al punto che «è ancora vivissimo il suo ricordo in molti concittadini». Furibonda la reazione della sinistra: «Pasetto ha lasciato sì tracce indelebili, ma di sangue! Il suo ricordo è vivissimo per studenti, giovani di sinistra, mili tanti della Fgci assaliti a colpi di spranga e di cric, e pure per un anziano partigiano che ebbe, nel 1980, 40 giorni di prognosi. Il picchiatore fu condannato a nove mesi di reclusione…». Lo schema classico è destra contro sinistra. Ma le carte talora si sparigliano. Micciché esprime la sua tristezza per l’aeroporto di Palermo intitolato a Falcone e Borsellino, il sindaco Cammarata (anche lui di Forza Italia) si smarca e propone di dedicare a Falcone la piazza in cui è cresciuto; ma a sorpresa si oppone proprio don Giacomo Ribaudo, il prete antimafia. La piazza è infatti dedicata alla sua chiesa, la Magione, «dal francese Maison, casa, sinonimo d’accoglienza ». Don Ribaudo è scatenato, arriva a scrivere un j’accuse dal titolo «L’antimafia della mafia», in difesa del sindaco interviene Maria Falcone. Larghe intese solo a Galtellì, paese sardo in provincia di Nuoro, che con voto unanime cancella dal Tuttocittà ogni riferimento a Casa Savoia: via Umberto diventa via Karol Wojtyla, la Beata Vergine Assunta sostituisce Vittorio Emanuele; «così l’indegno principe impara a dire nelle intercettazioni che noi sardi puzziamo come capre!» è la spiegazione. A Torino si discusse se abolire corso Unione Sovietica, ma i residenti si opposero: troppo costoso cambiare indirizzo. E alle critiche per aver intitolato una piazza al 28 aprile 1945, giorno della fucilazione di Mussolini, la giunta (centrodestra) di Mezzegra risponde che non di rivincita ideologica si tratta, ma di richiamo turistico. La guerra delle targhe stradali è stata stigmatizzata da uno storico che il ripensamento della memoria ha vissuto in prima persona, Carlo Vivarelli. «L’uso politico della toponomastica per imporre i valori della fazione vincente — ha scritto in una lettera al Corriere — è stata consuetudine di tutte le pubbliche amministrazioni fin dalla nascita dello Stato unitario. E io provo vergogna e tristezza, perché sono anche prove di stupidità, davanti alla presenza delle vie dedicate ad Armando Diaz o a Vittorio Veneto nelle cittadine dell’Alto Adige, così come delle vie dedicate a Lenin, Palmiro Togliatti, Ho Chi Min in tanti ridenti borghi della Toscana (spesso gli stessi al cui ingresso figura l’insegna: "Comune denuclearizzato") ». «Anch’io, come lei, sogno una pace delle targhe stradali, sottoscritta dai sindaci con impegni simili a quelli proposti nella sua lettera» rispose Sergio Romano. Ma a Milano si è andati oltre: in risposta alla famiglia, che chiedeva un segno in ricordo di Camilla Cederna, l’allora assessore Vittorio Sgarbi portò in consiglio comunale due delibere identiche, una con il nome della scrittrice Camilla e l’altra con il nome di suo fratello Antonio Cederna, fondatore di Italia Nostra; quindi si rivolse ai consiglieri comunali: «Scegliete voi». Vinse Antonio. Sgarbi si disse soddisfatto: «Insistere sulla sorella avrebbe determinato un conflitto ideologico inutile e improduttivo. E poi Antonio ha fatto di più>>. A Roma, invece, Veltroni ha accontentato tutti. La signora Luigina Talamonti, responsabile dell’operazione toponomastica, dichiarò la sua spossatezza ma anche la sua felicità per il primato: «Siamo oltre le cento nuove intitolazioni! ». Giovani vittime di sinistra, come Valerio Verbano, e di destra, come Paolo Di Nella. Calciatori della Roma, Di Bartolomei, e della Lazio, Re Cecconi. Don Milani e Fabrizio Quattrocchi. Il doppiatore Ferruccio Amendola, il mattatore Vittorio Gassman, il presentatore Corrado Mantoni, il cantautore Rino Gaetano. Ovviamente: Alberto Sordi. E ancora: largo Lucio Battisti, piazza Fabrizio De André, via Domenico Modugno…” (Aldo Cazzullo dal Corriere della Sera 28 agosto)