Dolorose vicende familiari spingono Augusta, una giovane donna italiana, a mettere in discussione le certezze su cui aveva costruito la sua esistenza. Su una piccola barca e nell’immensità della natura amazzonica inizia un viaggio accompagnando suor Franca, un’amica della madre, nella sua missione presso i villaggi indios, scoprendo anche in questa terra remota i tentativi di conquista del mondo occidentale. Augusta decide così di proseguire il suo percorso lasciando la comunità italiana per andare a Manaus, dove vive in una favela. Qui, nell’incontro con la gente semplice del luogo, torna a percepire la forza atavica dell’istinto di vita, intraprendendo il “suo” viaggio fino ad isolarsi nella foresta, accogliendo il dolore e riscoprendo l’amore, nel corpo e nell’anima. In una dimensione in cui la natura assume un senso profetico, scandisce nuovi tempi e stabilisce priorità essenziali, Augusta affronta l’avventura della ricerca di se stessa, incarnando la questione universale del senso dell’esistenza umana. Alla maniera dei suoi personaggi, i film di Giorgio Diritti sono gioielli (in)visibili che si affermano con la propria forza e la propria grazia. Orgogliosamente indipendenti, sfidano le logiche produttive e l’indifferenza dei distributori, scoprono mondi, volti, corpi e paesaggi come da tempo non si vedevano nel cinema italiano. Un giorno devi andare non fa eccezione e rilancia con sguardo limpido ed esatto quel sentimento della comunità già emerso ne Il vento fa il suo giro e in L’uomo che verrà. Dopo essersi trattenuto coi valligiani tra i monti della Val Maira e dopo aver ‘resistito’ con i contadini bolognesi sulle montagne di Monte Sole, Diritti lascia la terra per risalire il fiume e la vita di una giovane donna ‘interrotta’ da un dolore che diventa opportunità di (ri)scoprirsi. La comunità che ne Il vento fa il suo giro boicottava i nuovi venuti fino a estrometterli dal villaggio in Un giorno devi andare è umanità accogliente e fidente.