L’occasione di creare un vero polo sportivo con al centro la piscina, per tutte le discipline acquatiche e corsi di salvamento, ma anche campi coperti da beach volley 

Se chiudo gli occhi la “vedo”. I campi da tennis in terra rossa circondati da siepi verde brillante. I giocatori immacolati nei loro completi all white. Il “centrale” per il calcetto, una bomboniera con tanto di spalti e le porte con quei pali quadrati che ti facevano disperare, ma che non potrai mai scordare. La pista di pattinaggio. Le famiglie e il continuo via vai. E quel confortevole “mamma vado in Polisportiva”…

Se apro gli occhi la vedo ancora, ma non la riconosco più. Da qualche anno sono tornato a vivere a Fregene dopo oltre 25 di assenza e tra i primi “luoghi del passato” che sono andato a riscoprire la Polisportiva non poteva mancare. Solo che all’inizio non me ne sono accorto: sono arrivato con la squadra di calcio dell’Atletico Fregene all’apice, al posto del “centrale” ho trovato uno stadio e mi sono lasciato rapire dall’atmosfera del tifo, senza far caso alle differenze, tanto l’importante era che fosse ancora là.

E invece sono bastati pochi mesi perché il velo cadesse e, con lo spostamento della prima squadra di calcio lontana da Fregene, la “mia” Polisportiva apparisse d’un tratto così spettrale e lontana da quei vividi ricordi. Precipitata per vicende di varia natura in uno stato di indolente decadenza, acuita dall’emergenza sanitaria che paradossalmente ha finito per riversarsi su quel sinonimo di salute che è lo Sport. Una situazione pesante e ancora emergenziale, che comprensibilmente paralizza le menti, azzera gli slanci, soffoca il coraggio.

Io però ho fatto un sogno, uno di quelli che aspettando e sperando di uscire da questo tunnel mi piacerebbe potesse diventare realtà. Un sogno che si chiama Polisportiva e che regali a Fregene e ai suoi cittadini quel “polo sportivo polifunzionale”, la cui mancanza è incomprensibile e paradossale.

Nel mio sogno la Polisportiva dovrebbe riprendere vita dall’acqua, anche perché dal fondo che ormai si è toccato si può solo risalire… E allora perché non costruirla, finalmente, una piscina. La piscina di Fregene. Il cuore pulsante attorno al quale consentire ai tanti professionisti dello sport di svolgere il loro lavoro al riparo dalle intemperie invernali, in un luogo aggregante e riconoscibile, da vivere per tutto l’anno, magari “sacrificando” anche un po’ di quella sabbia destinata all’erosione per realizzare delle vasche dove allenarsi anche in inverno per gli sport da spiaggia come il beachvolley.

Un sogno costoso, l’ovvia e sacrosanta obiezione, a meno che non ci si sforzi di ragionare in prospettiva, perché forse una piscina sola potrebbe anche non bastare per il richiamo che avrebbe. Scuola nuoto, nuoto libero, corsi di salvamento, tutte le forme del fitness acquatico, fisioterapia. Fare AquaGym mentre tuo figlio gioca a calcio o giocare a Padel mentre tuo figlio fa lezione in piscina, solo per fare qualche esempio delle possibilità e dei vantaggi che la realizzazione di un’opera del genere garantirebbe.

Ho fatto un sogno e ve l’ho raccontato, magari se qualcun altro ne ha fatto uno simile o uguale si faccia vivo. In fondo sognare, anche e soprattutto in questo momento, non costa nulla. 

Marco Netri