casa paladino

Ieri mattina alle 11 un loro amico li ha trovati stesi sul pavimento, ai piedi di una tavola con gli avanzi del cibo consumato a cena, in un casolare a Torrimpietra, una località alle porte di Roma, vicino Fiumicino. Due erano già morti, un terzo, il più giovane, respirava ancora, ma le sue condizioni erano disperate e l’amico lo ha portato di corsa in ospedale. Che quei decessi fossero legati agli alimenti ingeriti durante la cena è stato chiaro da subito. Esclusa la pista della morte per esalazioni da monossido di carbonio, perché la stufa accanto ai corpi non risultava essere stata accesa. Quindi si è presa in considerazione l’ipotesi del botulino: le vittime potevano aver mangiato dei cibi sott’olio contenenti la sostanza tossica. Ma quando il nome e il passato di una delle persone decedute sono venuti alla luce, lo scenario è cambiato.

E ora sulle cause della morte di Domenico Paladino, un medico anestesista di 57 anni, e del nipote Francesco, 50 anni, considerato dagli inquirenti appartenente alla nuova cellula terroristica “per il comunismo Brigate Rosse”, che lavorava in un bar allo stadio Olimpico, è giallo: potrebbe essersi trattato di avvelenamento da cibo. “È davvero prematuro fare qualsiasi tipo di congettura – si affrettano a dire i carabinieri del Gruppo di Ostia che lavorano al caso – bisogna aspettare l’esito dell’autopsia”. Ma nessuna ipotesi è esclusa, dicono. Veniamo dunque alla sequenza dei fatti. Attorno alle 22 Domenico, il figlio Leonardo di 23 anni (l’unico superstite) e Francesco, tutti e tre originari di Albidona (Cosenza) cominciano a cenare nel casolare isolatissimo di Torrimpietra, sperduto in mezzo alle campagne romane, dove l’ex Br vive, anche se la sua residenza ufficiale risulta essere in via Corti, in un quartiere chic della capitale. I tre consumano un lauto pasto a base di carne cruda, sottaceti fatti artigianalmente e dell’insalata, accompagnati da una bottiglia di vino. Qualche ora dopo aver terminato la cena i tre cominciano a sentirsi male e attorno alle due e trenta del mattino Leonardo chiama col suo cellulare il 118. “Mio padre e un mio parente si sono sentiti male. Ci trovate a questo indirizzo”, ma prima di chiudere lascia un nominativo diverso dal suo. Dice di chiamarsi Leonardo Vaglia. L’ambulanza parte e malgrado l’indirizzo preciso hanno difficoltà a trovare il posto. Fanno una decina di tentativi nei casali della zona, accendono la sirena per farsi sentire dai pochi abitanti e chiamano incessantemente, per almeno 20 volte di seguito, il numero di Leonardo, senza ricevere risposta. Un uomo si affaccia alla finestra e dichiara che lì, a quell’indirizzo, non c’è nessuno che si chiama Vaglia.

L’ambulanza allora rientra alla centrale. Alle 11 un amico dei tre, preoccupato perché non riceveva risposte, va al casale, vede la scena, carica sulla macchina il ragazzo, svenuto, e lo trasporta all’ospedale di Bracciano. Nel pomeriggio Leonardo viene trasferito al Gemelli dove i medici spiegano: “non esiste alcun elemento che faccia sospettare un’intossicazione da botulino”.

Resta dunque un mistero la causa della morte di Francesco Paladino, indagato per associazione terroristica eversiva e banda armata, e di suo zio. Solo le indagini dei carabinieri potranno risolvere il giallo. (Federica Angeli – La Repubblica.it).