Pomeriggio in una giornata di fine estate, caldo sole a picco, una  brezza sferza sulla superficie del mare, il riflesso è accecante, la sabbia bollente… a piedi nudi corro da un ombrellone a un altro. Oggi sono di riposo, niente solita routine, nella postazione dei Bagnini c’è Sandro Carta con il suo iconico sorriso a 32 denti, scuro, asciutto come un pescatore, ha una tavola da windsurf messa di lato, probabilmente usata al mattino da Claudio Berardi  per fare lezione. Mi vede interessato, mentre studio i particolari, lui mi viene vicino, alza la vela e mette le mani sul boma, collegato all’albero e  vela. 

“Vuoi provare Cla?” Mi dice. Mi brillano gli occhi, curiosamente eccitato mi avvicino e tenendo forte la presa sento la spinta del vento che entra e esce muovendo il boma con il braccio dietro verso o lontano  da me. “I piedi vanno messi cosi, uno davanti al piede dell’albero, dove è attaccata l’attrezzatura, (albero vela e boma). L’altro vicino alla deriva nel mezzo della tavola”.

Provando e riprovando pian piano prendo confidenza e allo stesso tempo nasce la tentazione, quella di provare in acqua. “Dai vai in acqua”, diretto, Sandro mi dice. Senza esitare un attimo, con il suo aiuto vado in mare, “non ti allontanare troppo“ dice Sandro addetto alla sicurezza della spiaggia. Salgo…. cerco la cima di recupero, tiro su la vela, impugno il boma, le mani stringono il profilo di tek dell’impugnatura, la tavola sotto la pressione della spinta della vela pian piano scivola sulla superficie del mare prendendo gradualmente il via, poi  parte veloce senza controllo, una decina di metri e cado in avanti trascinato dalla spinta  del vento. Risalgo quasi senza toccare l’acqua, recupero la vela che attaccata sull’acqua mi costringe ad usare parecchia forza. Ecco finalmente è fuori anche tutto il boma, la vela sbatacchia dalle folate del vento da Ostro, vento del Sud. Aggrappato al boma uso il peso del corpo per contrastare la spinta del vento, la tavola scivola con la prua e pian piano prende velocità. Le piccole onde scorrono sotto di me, gli spuzzi e il luccichio del mare mi fanno strizzare gli occhi,  waaaoooo… percorro un bel pezzo , almeno una trentina di metri, per poi cadere di nuovo all’indietro portandomi dietro l’attrezzatura. Risalgo ancora cadendo, navigando sempre più verso nord, lungo il litorale. Il tempo passa in fretta, le ore volano. Mi sono allontanato parecchio, penso,  cerco di risalire verso il vento, non è facile, per trovare  il modo cado sopravento e sottovento alla tavola parecchie volte, cado e risalgo non so quante volte. Penso “sarà arrabbiato Sandro”, guardo l’ombrello rosso della sua postazione prendendolo come punto di riferimento, è ancora lontano. Passa il tempo scorrendo come l’acqua sotto di me, gli spruzzi, la tavola imbizzarrita prende il via rallenta accelera come un cavallo pazzo. 

La stanchezza si fa’ sentire, le braccia mi fanno male e le mani sono rosse e gonfie, la schiena mi duole. E’ pomeriggio tardo quando finalmente approdo sfinito nel tratto di mare con la sabbia dorata dalla luce del tramonto davanti al “Miraggio” . ”Hai scarrocciato parecchio, ti avevo detto di non allontanarti”, mi grida Sandro. “Il vento mi ha spinto a nord , non riuscivo a tornare”. “Ahhh”, sorride Sandro “l’ho immaginato, ti vedevo alzare e cadere , sarai sfinito”. Il sole è quasi li li per tramontare, aiuto Sandro a sistemare le ultime cose della postazione e il windsurf nella rimessa dei lettini, a fianco a quello di Claudio Berardi, un accattivante windsurf custom made colorato artisticamente con disegni fantastici, luccica come una fuori serie esposta in un autosalone. 

Tornando verso casa pedalo la mia bici, ripenso alle ore in acqua, con il sorriso sulle labbra, le braccia dolenti, il corpo indolenzito ancora dallo sforzo,  sarò caduto e rialzato almeno una cinquantina di volte, i tuffi in acqua, le mani dolenti per l’abrasione  della cima di recupero. 

Arrivo finalmente a casa. Mi aspetta una bella cenetta che mia mamma avrà preparato con la sua solita abilita culinaria…. ho una fame immensa.  Seduti a tavola, mentre mangiamo, tra una portata e un altra,  racconto ai miei la  prima esperienza in windsurf, le emozioni, le sensazioni gli spruzzi, la luce, la velocità che per alcuni istanti ho preso… I miei che mi guardano sorridendo, “sarai stanco”, dice mia madre, “ti farai una bella dormita stanotte Cla!”. 

Crollando stramazzo nel letto  della mia cameretta, addormentandomi con il sottofondo di musica brasiliana. Sogno lunghe spiagge dorate, acqua calda e sole, mentre sotto di me il fondale scorre veloce  passando da un colore blu all’azzurro al verde acqua, velocemente come se volassi sulla superficie del Mare leggero e felice. 

L’estate è quasi al termine, settembre è arrivato, con esso si allontanano altre occasioni di fare altre pratiche in windsurf. Mauro Paparella mi ha detto che l’’’inquilina tedesca della casa di fronte ha un windsurf dietro  casa, gli ha lasciato detto che possiamo usarlo.  L’aria nel frattempo si è rinfrescata anche  l’acqua del mare un po’, non si potrà più stare solo in costume in acqua. 

Pensando alla cena, con Giggi improvvisiamo una caponata gigante, durerà per tutta la settimana. Abbiamo raccolto peperoni, melanzane, patate nei campi della Maccerese che rimangono li abbandonate dopo il raccolto. Patate, melanzane, peperoni e pomodori, cotti in soffritto di cipolla, la caponata ci conforta dopo le giornate spese aspettando il vento.  In autunno inoltrato i venti termici diventano più rari, lasciando spazio soltanto a quelli di perturbazioni, precedendo i fronti termici .   

L’altra notte il vento soffiava forte , muoveva le tapparelle della finestra fronte mare della mia camera , si sente il profumo della bruma di mare in casa  entrando tra gli spifferi. La notte ci culla con il fragore delle onde che rompono tra i prani della costa. Un fruscio quasi continuo di sottofondo seguito da aritmici break più forti. 

Al mattino presto siamo già in piedi. Ci becchiamo in spiaggia col Giggi, guardiamo il mare mosso, onde irregolari, frangenti anche di un paio di metri, un vento intorno ai 25 nodi. Ci guardiamo con gli occhi sgranati. Sarà tosta uscire in queste condizioni, potremmo rompere l’attrezzatura…. Alla fine decidiamo di fare piccole uscite di una cinquantina di metri e poi tornare indietro evitando di affrontare le onde più pesanti. Torniamo a casa, ci mettiamo addosso quello che troviamo per stare caldi, i pantaloni di una vecchia muta da sub, un pesante maglione di lana  con sopra ancora  un k-way per proteggerci dagli spruzzi. Portiamo con noi la bottiglia di brandy di mio Padre .  

Si arma il windsurf, dopo aver scavalcato la recinzione della bianca casa a portici. Sembra tutto a posto, la conta per chi va per primo… Un sorso di brandy e Giggi entra in acqua facendo su e giù  un paio di volte, il vento di scirocco è forte. Ci ripariamo dietro il vecchio gozzo di “Cornetta” Antonio Conè, aspettando il turno. Uscendo e rientrando, scivoliamo sulle onde verso terra, accenniamo saltini uscendo, a volte la tavola  rallenta parecchio nell’impatto con i frangenti.  

Stiamo imparando a governare il windsurf che come un cavallo imbizzarrito fila dritto, per evitare le onde più grosse dobbiamo cercare di manovrarlo curvando,  le manovre sono ancora  lente e impacciate, ci rimangono ancora difficili, ancor più con il vento forte. Cade la vela in acqua più di una volta, cerchiamo di rialzarla prima possibile, un onda rompendo sopra potrebbe spaccare l’albero e con esso la vela.  

Sù verso l’orizzonte, giù verso la riva passiamo un paio di ore alternandoci siamo infreddoliti con le braccia stanche e i vestiti che colano inzuppati e insabbiati. Per oggi diciamo che basta così! Con l’inizio dell’autunno dobbiamo cercare un lavoro. Sia Io che il Giggi abbiamo fatto parecchio nuoto iniziando da bambini fino a qualche anno fa. L’inverno scorso entrambi abbiamo fatto un corso alla UISP per prendere il brevetto necessario per fare gli Istruttori di nuoto. Una volta avuto il brevetto abbiamo dovuto fare 40 ore di apprendistato in qualche altra piscina gestita dalla UISP.  

Una delle Piscine più vicine a Fregene è quella di Fiumicino, quella  comunale gestita proprio dalla UISP, per fortuna hanno bisogno di Istruttori, la paga oraria è bassa, seimila lire all’ora, di buono c’è che abbiamo la mattina libera per fare windsurf o andare a pescare. Un uomo di mezza età dirige la Piscina il sig. Marcello Moro, dall’apparenza gentile si mostra entusiasta della nostra disponibilità. 

Accettiamo il lavoro, la figlia Guenda e il figlio Giovanni anch’essi Istruttori hanno già un po’ di esperienza, anche loro gentili, ci istruiscono sulla routine delle lezioni divise in diversi livelli. Le prime due ore sono destinate per bambini principianti, la terza lezione il livello intermedio sempre di ragazzini/e di età dagli 11 ai 13 anni, l’ultimo corso è quello degli adulti che nuotano quasi tutti gli stili.  

Ce anche Massimo Mannocci che insegna li, è un uomo maturo intorno ai 40 anni, insegnava a scuola ma poi per via della sua passione per lo sport per il quale dedica tutta la mattina ha preferito prendere il lavoro in piscina. Con Massimo entriamo subito in sintonia, gli piace chiacchierare, ci racconta della sua passione per il thriatlon. Ha già fatto alcune gare e gli piace allenarsi tutti i giorni. Un giorno bici, uno corsa e un altro nuoto, uno sport duro deve essere. 

Le nostre mattinate passate in mare, facendo pratica di windsurf ci propongono sempre uno scenario diverso, è strano come lo stesso posto la stessa spiaggia, lo stesso mare, può essere ogni giorno diverso. Continuiamo a dividerci la tavola della “Tedesca”, di fibra di vetro, pesante almeno 25 kg, con una vela triangolare di 6 mq che quando tira vento più forte non riusciamo a tenere se non solo per pochi minuti. La sera, davanti al fuoco del caminetto di casa mia, mentre, si ragiona, si fantastica, come sarebbe bello avere ognuno la propria tavola, magari andare anche al lago e provare in acqua piatta. Dicono cha al lago di Bracciano verso Anguillara ci sono altri Windsurfisti che escono con la tramontana. Sarebbe bello avere una tavola propria, dice il Giggi, ma i soldi che guadagniamo in piscina bastano appena per pagare le spese del mangiare, benzina, luce e telefono. 

Per fortuna che non paghiamo l’affitto dato che la casa è delle nostre famiglie. Io ho anche la rata della macchina che  incide parecchio a fine mese, è come una mannaia che mi cade sulla testa tutti i mesi. Mio Padre viene sa che mi piacerebbe avere una tavola mia, pensa che anche se costa qualche centinaia di mila lire verrebbe la pena per allontanarmi dai meandri delle tentazioni della vita notturna della periferia della città di Roma, dove tutto può accadere. Mi dice che sarebbe  contento di spendere alcuni dei suoi risparmi per comprarmi una tavola da windsurf. 

Io al contrario non sono proprio contento di approfittare della sua bontà, ho sempre evitato di essere troppo dipendente dalla famiglia, soprattutto dopo aver deciso di andare a vivere a Fregene. Ci penso su qualche giorno. Poi alla fine decido di accettare, tanta è la bramosia di avere una tavola da windsurf tutta mia. 

Ce un negozio  su via Gregorio VII  si chiama PIERREGI, ha aperto da poco, i proprietari due fratelli  sono gentili e sembrano avere qualche nozione tecnica in più di me. Mi consigliano un Sailboard Gran Prix, un tavolone lungo 3.70 con una bianca linea filante … con un bell’antisdrucciolo sulla coperta stampata a strisce oblique, così da permettere una migliore presa sotto i piedi.   

Bella la vela, rossa fiammante, sono eccitatissimo di provarla al più presto. La portiamo sul tetto della Renault 6 di mio Padre fino alla cantina del nostro appartamento in via Peveragno, zona Boccea. Domani poi la portiamo a Fregene, possiamo metterla sulla terrazza sopra casa, lì è al riparo dai venti e dalla sabbia che vola nelle giornate di mareggiata… Non vedo l’ora, una tavola tutta mia che posso usare quando voglio, uuhhhhaaaaa, non vedo l’ora!