Soprusi, proteste, lotte ed emancipazione. Ci sono voluti anni prima che le donne riuscissero a conquistare quello che gli spetta di diritto: la parità dei sessi. Eppure, ancora oggi, ci sono delle disparità, soprattutto in alcune parti del mondo dove non tutte le donne riescono a godere delle stesse libertà. Basti pensare che in India la vita quotidiana delle donne che vivono nelle zone rurali, già segnata da innumerevoli difficoltà che spesso toccano le necessità primarie, alle altre criticità si aggiunge un problema legato soprattutto ai Paesi in via di sviluppo e ad una certa cultura discriminatoria: la gestione del ciclo mestruale.  

Nel maggio del 2017, infatti, il governo indiano ha incluso gli assorbenti nell’elenco dei beni di lusso e come tali tassati al 12%, facendoli diventare prodotti non più accessibili anche per quelle stesse donne che prima, benché a fatica, potevano permetterseli.

Molte donne, soprattutto nelle aree rurali, sono costrette, quindi, a rinunciare ad un bene di prima necessità. Al fine di aiutare le donne vittime di questo disagio, Farmacisti in Aiuto ha scelto di aderire e cercare sostenitori per il progetto “Essere donna non è un lusso” che prevede un progetto di micro impresa femminile di fabbricazione di assorbenti lavabili negli stati indiani del Kerala e del Tamil Nadu.

Essere donna non è un lusso – commenta Tullio Dariol, presidente di Farmacisti in Aiuto – e non deve diventarlo in nessun modo. Il progetto, suddiviso in 4 parti, ci ha permesso di creare e sviluppare un’iniziativa di donne, fatta da donne, per altre donne in un paese dove la posizione dell’uomo è predominante in tutti gli aspetti della società.

Inserendo una trentina di donne in difficoltà economica all’interno nel meccanismo di produzione degli assorbenti lavabili, abbiamo potuto darle una fonte di reddito ed offrire loro l’opportunità di diventare imprenditrici di se stesse”.

Le sarte sono state, infatti, selezionate e formate proprio per produrre un prodotto economico, ma di ottima qualità, creando un network di donne, il cui ricavato viene a sua volta in parte riutilizzato per l’acquisto dei materiali necessari a proseguire la produzione e il progetto stesso, affinché possa autofinanziarsi.

“Una vera e propria rete di commercio solidale – conclude il presidente – che sia in grado di far vivere la femminilità senza nessuna discriminazione di genere”.

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