Il  20 giugno si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato, appuntamento annuale voluto dalle Nazioni Unite per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione di milioni di rifugiati e richiedenti asilo che, costretti a fuggire da guerre, violenze e persecuzioni, lasciano i propri affetti, la propria casa e tutto ciò che un tempo era la loro vita per cercare salvezza in un altro paese.

Nel mondo sono oggi circa 83 milioni gli uomini , le donne e i bambini che hanno visto il loro mondo capovolgersi a causa della guerra, della violenza e della persecuzione e devono  cercare la salvezza lontano dalle  loro case . Dietro ogni numero c’è una dolorosa storia di fuga, di espropriazione e sofferenza. Secondo i dati ufficiali riportati nel rapporto annuale dell’UNHCR,l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati, il numero delle persone costrette a fuggire nella prima metà del 2020 si suddivide così: 26,4 milioni di rifugiati; 4,2 milioni di richiedenti asilo; 45,7 milioni di sfollati interni ; 3,6 milioni di venezuelani espatriati.  Il rapporto ci dice che gli esodi forzati oggi riguardano più dell’1 per cento della popolazione mondiale – 1 persona su 97 – mentre continua a diminuire inesorabilmente il numero di coloro che riescono a fare ritorno a casa.

Un po’ di chiarezza : chi sono i profughi, gli sfollati,  i rifugiati  e i richiedenti asilo?

La condizione di rifugiato deriva da quella di profugo, nata con la storia dell’uomo,  e che si riferisce a chi lascia la propria casa a causa di guerre, invasioni, rivolte, povertà , catastrofi naturali .Sotto questa definizione, dunque, rientra anche chi abbandona la propria dimora, ma resta all’interno dei confini del proprio Paese (profughi o sfollati interni)  sotto la protezione della propria nazione di origine e non ha quindi diritto a una tutela internazionale.

Rifugiato è un termine giuridico che indica chi è fuggito o è stato espulso dal proprio paese  originario a causa di discriminazioni politichereligioserazziali, di nazionalità, o perché appartenente ad una categoria sociale di persone perseguitate, e trova ospitalità in un Paese straniero che riconosce legalmente il suo status.

Il fenomeno dei rifugiati assunse dimensioni rilevanti dopo la Seconda guerra mondiale e per questo l’Organizzazione delle Nazioni Unite istituì  un organismo appositamente chiamato a tutelare i rifugiati, l’Alto commissariato per i rifugiati (in italiano ACNUR; in inglese United Nations High Commissioner for Refugees, UNHCR), fondato alla fine del 1950 . Lo status di rifugiato è sancito dalla  Convenzione di Ginevra del 1951,  ratificata da 145 stati membri delle Nazioni Unite, e poi aggiornata nel 1967 e recepita dalle varie legislazioni nazionali.

I richiedenti asilo sono ,invece, le persone che hanno lasciato il loro Paese d’origine , hanno inoltrato una richiesta d’asilo in un’altra nazione e aspettano la risposta sul riconoscimento dello status di rifugiato da parte delle autorità del Paese che li ospita .

Qual è la differenza tra migranti e rifugiati? 

I migranti in genere decidono volontariamente di spostarsi dal loro paese d’origine  non a causa di una minaccia o di una persecuzione diretta, ma per cercare un lavoro o una migliore istruzione, insomma per migliorare la loro vita , riunendosi con la propria famiglia. A differenza del rifugiato, un migrante generalmente non è un perseguitato nel proprio paese.

I rifugiati sono protetti dal diritto internazionale, in particolare come già detto  dalla Convenzione sui rifugiati del 1951, mentre i migranti sono di competenza dei governi nazionali, che li gestiscono secondo le proprie leggi e procedure in materia di immigrazione. Attualmente, i migranti , per quanto riguarda l’Europa, devono chiedere protezione nel primo paese dell’UE al quale accedono. Ricevono lo status di rifugiato, o un’altra modalità di protezione internazionale, soltanto una volta che le autorità nazionali hanno deciso in tal senso. Questo significa che non tutti i richiedenti asilo saranno riconosciuti come rifugiati.

I dati nel 2020

Nonostante la pandemia, nel 2020 il numero di persone in fuga da guerre, violenze, persecuzioni e violazioni dei diritti umani è salito a quasi 82,4 milioni, secondo l’ultimo rapporto annuale Global Trends dell’UNHCR pubblicato recentemente  a Ginevra. Si tratta di un aumento del 4% rispetto alla cifra record di 79,5 milioni di persone in fuga , toccata alla fine del 2019. Questi numeri ci dicono che nonostante la pandemia e l’appello per un cessate il fuoco globale, i conflitti hanno continuato a costringere le persone ad abbandonare le proprie case. E’ necessario oggi più che mai che  i leader mondiali intensifichino  gli sforzi per promuovere la pace, la stabilità e la cooperazione, al fine di fermare e iniziare a invertire la tendenza che vede crescere il numero di persone costrette alla fuga da violenza e persecuzione da quasi dieci anni.  Se è vero che la Convenzione sui Rifugiati del 1951 e il Global Compact sui Rifugiati – il documento approvato dall’ONU nel 2018 per una soluzione sostenibile alle situazioni dei rifugiati attraverso la cooperazione internazionale-  forniscono il quadro giuridico e gli strumenti per rispondere ai movimenti forzati di popolazioni,oggi più che mai abbiamo bisogno di una decisa volontà politica per affrontare, in primo luogo, i conflitti e le persecuzioni che costringono le persone a fuggire dai loro paesi di origine .

La situazione in Italia

Il diritto di asilo è tra i diritti fondamentali dell’uomo riconosciuti dalla nostra Costituzione. L’articolo 10, terzo comma, della Costituzione afferma che lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. La concessione dello status di rifugiato, invece, è entrata nel nostro ordinamento con l’adesione alla Convenzione di Ginevra del ’51, con la legge n. 722 del 1954 e con la Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990, sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri della Comunità europea. In Italia i diritti di chi chiede protezione sono però sempre più a rischio: l’accesso alla procedura di riconoscimento è spesso difficile, non sempre le condizioni di accoglienza rispettano le normative e gli standard minimi, la permanenza nei centri di accoglienza supera i limiti di tempo.

Quanti sono i rifugiati in Italia?

Sono davvero così tanti come parole e toni allarmanti ci spingono a pensare? E negli altri paesi europei, sono di più o di meno che da noi? È corretto parlare di invasione? E poi, l’Europa è davvero un continente sotto assedio?

Due anni fa, in piena crisi rifugiati,  l’“invasione percepita” era in testa alle preoccupazioni e il 36% degli italiani riteneva che gli stranieri nel nostro paese fossero circa 20 milioni. Forse può essere utile, prima di gridare all’invasione come capita spesso sui mezzi di informazione italiani , verificare le reali dimensioni del fenomeno e magari confrontarle con altri paesi europei .

Partiamo dal dato dell’ Unhcr del giugno 2016: negli anni il nostro paese ha accolto circa 131mila rifugiati.

Quanti sono 131mila rifugiati sul totale della popolazione? L’allarme invasione è giustificato di fronte a questi numeri? 

Proviamo a confrontarli con quelli di altri stati europei. Per esempio, in Svezia la popolazione è circa un sesto di quella italiana (10 milioni) e i rifugiati sono 186mila, ovvero il 50% in più che nel nostro paese. In Germania (82 milioni di abitanti) i rifugiati sono 478mila, quasi 4 volte quelli presenti in Italia. Sempre statisticamente parlando  , 131mila su 60 milioni significa una proporzione del 2 per mille. Significa che per una cittadina di piccole dimensioni come Ivrea (To) che ha circa 24mila abitanti – se fosse rispettata la proporzione nazionale – sarebbero 46, in una come Avezzano (Aq) vivrebbero 90 rifugiati, in una città come Bologna sarebbero circa 800 e  a Fiumicino sarebbero circa 150.

Insomma, non proprio un’invasione

Ma proviamo a immaginarli tutti insieme questi 131mila rifugiati che vivono in Italia, a volte anche da molti anni. Ecco : tutti i rifugiati in Italia non riempirebbero neanche la metà del Circo Massimo  o di Piazza San Giovanni a Roma. Oppure se decidessero tutti insieme di assistere a una partita di calcio , San Siro a Milano e l’Olimpico di Roma , che contengono circa 80mila spettatori ognuno, li potrebbero ospitare  comodamente seduti.

Cosa ci dicono questi confronti? Che malgrado la condizione di frontiera  dell’UE a sud, l’Italia ha una percentuale molto contenuta di rifugiati sul proprio territorio. Una percentuale che buone politiche di accoglienza e integrazione potrebbero , senza molte difficoltà, trasformare da presunto problema in risorsa.

La situazione dei minori

I minori di  18 anni rappresentano il 42% di tutte le persone costrette alla fuga. Sono particolarmente vulnerabili, specialmente quando le crisi continuano per anni. Ci sono milioni di bambini rifugiati e migranti in Europa e in Asia centrale : mentre in Siria e negli altri Stati della regione le violenze si acuiscono, un numero senza precedenti di bambini e ragazzi cerca rifugio in Europa.

Ad esempio, su oltre  72.000 rifugiati e migranti bloccati solo in Grecia, Cipro e nei Balcani, vi sono più di 22.500 bambini. Le fughe dai loro Paesi li espongono  a grandissimi rischi ,  sia per i pericoli che affrontano durante la traversata disperata del Mediterraneo o lungo la estenuante Rotta balcanica , sia per l’incertezza che li attende nei paesi che li ospitano.  Nuove stime dell’UNHCR mostrano poi che quasi un milione di bambini sono nati rifugiati tra il 2018 e il 2020 e molti di loro potrebbero rimanere rifugiati ancora per molti anni. La tragedia di così tanti bambini che nascono in esilio dovrebbe essere una ragione più che sufficiente per adoperarsi molto di più per prevenire e porre fine ai conflitti e alla violenza.

Cosa riserverà loro il futuro? Quali opportunità avranno per realizzare il loro potenziale?

Molti di questi bambini,  molti dei quali viaggiano senza adulti che li accompagnino (minori non accompagnati) affrontano pericoli, detenzione, privazione e discriminazione e sono anche molto più vulnerabili ad abusi, sfruttamento ed altre violazioni dei loro diritti. Da molti anni ad affrontare la pericolosa rotta del Mediterraneo centrale, che collega la Libia e la Tunisia all’Italia, che è la direttrice del principale flusso migratorio verso l’Europa,  sono spesso ragazzi senza familiari adulti al seguito. Si stima che dal 2014 a oggi siano stati oltre 70.000 i minorenni rifugiati e migranti arrivati nel nostro paese. Di molti di loro, definiti nelle statistiche come “irreperibili”, si perdono le tracce perché in movimento verso i paesi del nord Europa, o perché spinti da un pressante bisogno economico ad abbandonare il sistema dell’accoglienza.
Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite, «se la comunità internazionale non intraprenderà azioni immediate e coraggiose per contrastare gli effetti catastrofici della pandemia, il potenziale di milioni di giovani rifugiati che vivono in alcune delle comunità più vulnerabili al mondo sarà ulteriormente minacciato».

Già prima del Covid , ad esempio, la probabilità che un bambino rifugiato non ricevesse alcuna forma d’istruzione era due volte più elevata rispetto a quella di un suo coetaneo in condizioni di vita migliori . Ora molti potrebbero non avere più l’opportunità di riprendere gli studi a causa della chiusura delle scuole, della difficoltà di pagare le tasse d’iscrizione o i libri di testo, oltre che dell’impossibilità di accedere alle tecnologie necessarie o del bisogno di lavorare per sostenere le proprie famiglie.

Per le bambine va ancora peggio. Le probabilità di accesso sono addirittura inferiori  : il Malala Fund ha stimato che a causa del virus, la metà di tutte le minori  rifugiate non farà ritorno in classe quando riapriranno le scuole . Sono dati allarmanti di fronte ai quali  comunità internazionale non può in alcun modo chiudere gli occhi e  permettersi di fallire il compito di offrire a questi bambini e ragazzi le opportunità derivanti dall’istruzione.

Senza avere alcuna colpa, questi bambini e ragazzi hanno già dovuto vivere traumi che superano il limite di sopportazione umana. Il mondo deve difenderli e quando cercano un rifugio sicuro, devono poterlo ricevere.

La Giornata Mondiale del Rifugiato
La data del 20 giugno  dovrebbe servire a ricordare ai politici la necessità di aumentare gli sforzi per prevenire e risolvere i conflitti e le crisi, e l’imperativo di proteggere le persone indipendentemente dalla loro etnia, dalla loro nazionalità, dal loro credo o da altre caratteristiche. In poche parole, i leader mondiali devono lavorare insieme per risolvere le sfide globali di oggi.

Dovrebbe rammentare poi qualcosa anche a tutti noi : la necessità di denunciare e combattere l’ingiustizia, invece di alimentare le divisioni e fomentare l’odio, di decidere di trovare soluzioni pragmatiche invece di incolpare gli altri o diffamare le vittime. Ma la Giornata Mondiale del Rifugiato è anche un’opportunità per celebrare la forza d’animo dei rifugiati : persone che hanno perso tutto, eppure vanno avanti, spesso portando le ferite visibili e invisibili della guerra , della persecuzione e l’ansia dell’esilio.

Negli ultimi mesi dominati dalla pandemia, i rifugiati – pur trovandosi nella condizione di avere bisogno e avere diritto alla protezione internazionale, alla sicurezza e al sostegno – hanno restituito moltissimo alle comunità che li hanno accolti . Molti dei medici, infermieri, educatori, operai, contadini  che fin dal primo momento si sono spesi nelle nostre nazioni svuotate dalla tempesta del Covid , sono  dei rifugiati.

Nella Giornata Mondiale del Rifugiato, è importante esprimere solidarietà con i rifugiati nelle nostre comunità e in tutto il mondo, ma anche  riconoscere e ammirare la forza, la determinazione e i contributi delle persone costrette a fuggire.

Per la Giornata Mondiale del Rifugiato 2021 l’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, lancia la campagna Insieme possiamo fare la differenza – Together we can do anything per chiedere la piena inclusione dei rifugiati in ogni ambito della società, dal lavoro allo studio allo sport.

“I rifugiati sono studenti e insegnanti, sono atleti, sono cuochi, sono medici e infermieri. Portano con sé nella fuga un bagaglio di competenze che possono arricchire le comunità ospitanti, diventando risorse preziose per la società e per il bene comune,” ha dichiarato Chiara Cardoletti, Rappresentante UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino. “Il dramma della fuga rappresenta spesso per i rifugiati il motore di una forte spinta a ricominciare. Noi siamo al loro fianco ogni giorno e chiediamo anche alle comunità e ai governi di sostenerli in questo sforzo.”

Antonella Maucioni, Garante per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del Comune di Fiumicino