“Una seduta di insediamento del nuovo Consiglio comunale di Fiumicino a tratti grottesca in cui si è fatta fatica a riconoscere il senso profondo dell’Istituzione.

Si è passati dalla lettura in aula della costituzione democratica e antifascista lo scorso 2 giugno, all’elezione, senza nessun chiarimento né smentita ufficiale di un presidente del consiglio che si ritrae sui social con quelli che sembrerebbero sullo sfondo della cucina del busto del duce e il calendario fascista sullo sfondo.

È abbastanza per capire da dove la città riparte, non solo dal passato ma da quel passato remoto da cui con sacrifici umani e dolore  si è affrancato non senza strascichi un intero  popolo.

Si riparte dalle nostalgie e dalle improvvisazioni grammaticali, da un programma che parla di banche e privati più che di bene pubblico, che parla delle donne e delle fasce sensibili come persone deboli e bisognose di pietà, più che di pari opportunità.

Si riparte da illazioni su ipotetiche storie e persone di cui ci si guarda bene dal fare i nomi, di situazioni finanziarie disastrose di cui i cittadini dovrebbero invece pretendere i documenti che attestano una realtà opposta.

Si riparte dal dileggio agli avversari politici, a quell’opposizione volutamente definita minoranza in tono dispregiativo, a quei consiglieri democraticamente eletti che si vorrebbe imbavagliare per non scendere sul difficile terreno del confronto.

Si riparte dall’opportunismo di schieramento senza ideali, dai ravvedimenti tardivi sulla via di Damasco e da conflitti di interessi neppure troppo velati.

Si riparte da quella Fiumicino periferia di Roma fatta di beghe di quartiere, di signorotti del potere e loro fedelissimi che li cospargono di incenso mentre raccolgono le briciole sotto il tavolo, di quel sapore antico che puzza di stantio.

Sarà difficile calare un programma scopiazzato e pieno di neologismi abusati e fuori contesto, di luoghi comuni e vuote frasi in politichese arrangiato, su una città moderna, cambiata, profondamente diversa dal circolo del quartiere da cui tanti non sono mai usciti.

Tanto fumo e citazioni filosofiche per celare la vera realtà, le vere ambizioni ed i veri  obiettivi.

Il crocifisso ci perdoni per essere stato di nuovo affisso in un luogo in cui i principi di solidarietà, sacrificio, accoglienza, generosità e buoni sentimenti e propositi lasciano il posto a vanità e arroganza, a un luogo in cui ci si imbianca il sepolcro con la spilletta del cattolicesimo per giustificare o ammorbidire ogni azione ad esso contraria.

Ci aspettano 5 anni di duro lavoro per non mollare mai la presa sulla città nuova costruita in questi anni, per difendere l’impegno e la crescita di tutti quei cittadini che guardano al nuovo, alla tutela ambientale, alla formazione e cultura, alla condivisione, all’accoglienza e alle pari opportunità per tutti,  alla modernità e ai diritti inviolabili senza dimenticare la storia.

Ci aspettano 5 anni di lavoro col fiato sul collo e con il faro della legalità sempre acceso per difendere quanto realizzato e progettato e per vigilare sulla legittimità, trasparenza e coerenza di tutti quei punti programmatici di cui, tra mille spezie disseminate a caso, attendiamo di conoscere il vero sapore.

Alla “resilienza”, citata e abusata decine di volte anche a sproposito nel programma del sindaco, preferiamo di gran lunga la parola “resistenza”.

Paola Meloni e Giuseppe Miccoli, consiglieri comunali Lista Civica Ezio